Lugo Terminal s'appropria di suoli FS della D1.1
A distanza di un anno torno a occuparmi, ancora una volta, della piattaforma logistica della soc. Lugo Terminal in contrada Zurlo, sorta su un’area di proprietà di RFI (Rete ferroviaria italiana), non più asservita all’esercizio ferroviario. Lo scorso anno, in occasione della manifestazione di presentazione del treno intermodale ISC in destinazione di Verona Quadrante Europa, tenutasi il 19 dicembre, ebbi a fare una ricognizione sull’inadeguatezza tecnico-operativa di quella piattaforma, rispetto al centro intermodale lughese, sempre di proprietà della Lugo Terminal. Né mancai di rimarcare l’illegale insediamento della stessa in quel sito per essere in pieno contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico in vigore. Questa volta mi espongo a fornire una più dettagliata informazione su quest’ultimo aspetto potendo provare non solo la difforme destinazione di quell’area ferroviaria dalla pianificazione urbanistica, ma anche l’indebita utilizzazione della porzione di suoli FS che, compresa nella lottizzazione per l’edificazione di unità artigianali, fu sottoposta a sequestro giudiziario con l’intera maglia D1.1. E, per sgombrare il campo da qualsiasi riserva al mio esposto, mi corre l’obbligo, altresì, di controbattere quelle assurde affermazioni che, da sempre, sento declinare da esponenti politici, dagli amministratori locali che si succedono e, perfino, dalla Direzione locale di RFI che quel piazzale, dato in locazione alla soc. Lugo Terminal, costituiva lo scalo ferroviario della stazione di Giovinazzo.
Area, cui part. catastali n.367,368,369,370,371,372 e 374, inserita nella lotizzazione D.1.1, resa libera dal sequestro giudiziale.
E, infatti, l’occassione per questo mio ennesimo argomentare mi è dato dalla trattativa in corso tra la Lugo Terminal e la Società patrimoniale del Gruppo Ferrovie italiane per estendere formalmente il contratto di locazione, già in essere sull’area, anche all’utilizzo dei terreni inseriti nella lottizzazione della D1.1 e censiti in catasto al f.6, part. nn.367,368,369.370,371,372 e 374, dopo che gli stessi sono stati dissequestrati dalla Procura penale di Bari. E’, infatti, pressante l’interesse della società locataria di normalizzare una situazione di fatto, già in essere sin dall’inizio dell’attività dello scalo, considerato che i suddetti terreni sono stati da sempre nella sua disponibilità reale, avendo costruito proprio su di essi l’accesso al terminal, con varco aperto sulla via da poco denominata degli Stagnari. Pertanto, inizio con il ribattere la congettura, piuttosto diffusa, che la piattaforma logistica in contrada Zurlo sia da considerarsi infrastruttura di pertinenza di FS, per la semplice ragione che è situata nell’ambito del recinto della stazione di Giovinazzo.
In proposito è utile fare un breve richiamo storico che ritengo possa ben chiarire tale grosso equivoco. Lo scalo merci locale, fin tanto che le FS non l’hanno disabilitato al servizio del trasporto in conto pubblico delle cose, è stato da sempre quello di fianco al fabbricato viaggiatori, lato sud, con ingresso da Piazza Risorgimento. E, proprio da quel sito, si diramava anche il binario di raccordo che serviva lo stabilimento siderurgico AFP.
Ingresso dell’ex scalo merci pubblico della stazione ferroviaria, disattivato da diversi decenni
Verso nord, invece, sempre collegato alla stazione, vi era un fascio di binari elettrificati, chiamato “Parco Nord”, inacessibile da strade cittadine; ancorchè non fosse recintato, era contiguo a terreni agricoli di proprietà privata. Su quell’impianto erano parcheggiati i carri e materiali da carico per le merci in arrivo o di provenienza dalla stazione di Bari, quando in questa, per insufficienza di binari, non c’era possibilità di riceverli o trattenerli dopo la consegna delle merci ai destinatari. Con l’ampliamento del nodo di Bari, dopo la costruzione dello scalo di smistamento Lamasinata e il terminal pubblico di Ferruccio, il “Parco Nord” della stazione di Giovinazzo perse la funzione per cui era stato allestito e mantenuto in esercizio. Si pensò allora di smantellare gran parte dell’armamento per ricavarne un piazzale per il deposito e lo stoccaggio di materiale ferroviario.
Mura di cinta, in cemento armato, dell’area ferroviaria adibita a Terminal, costruita tempo addietro dopo la disattivazione del “Parco nord” su cui venivano garati i treni merci che non potevano sostare nell’ambito del nodo ferroviario di Bari per insufficienza di spazi.
Così, alla fine degli anni ’70, fu dato in locazione a un’impresa di lavori sulle ferrovie per il ricovero dei suoi mezzi meccnici e per il deposito di materiali per la manutenzione della rete ferrata. Fu, allora, che si provvide, ai fini della custodia di quelle costose attrezzature, a costruire la recinzione in cemento armato, a confine dell’intera area di proprietà ferroviaria, così come adesso è ancora in essere. Per accedervi via strada a quello spiazzo, fu lasciato aperto un grande varco sul muro di cinta in direzione dell’unica strada vicinale, allora esistente, attraverso cui poter raggiungere il sito, proseguendo da via Cappuccini.
Ora quella strada è intitolata come Emily Dichinson e quell’accesso ha il cancello di ferro completamente sbarrato non essendo più in uso. Con la cessazione dell’attività dell’impresa ferroviaria l’area in parola, resa sgombra da ogni materiale ivi depositato, è rimasta a lungo inutilizzata e abbandonta, anche in ragione al fatto che gran parte della stessa in adiacenza al muro di cinta era stata destinata dallo strumento urbanistico a strada pubblica. I cespiti, segnalati con le sopra menzionate particelle catastali, invece, costituivano i lotti nn. A133, A134, A135, A136, A137 e A138 di espansione urbana, indicata come Maglia D1.1, destinata ad attività di servizio per l’artigianato. E’ bastato, tuttavia, che un operatore logistico, agli inizi degli anni 2000, si accorgesse che quell’estesa area dismessa dall’esercizio ferroviario avesse ancora un innesto mediante uno scambio con la stazione di Giovinazzo che si è subito proposto per chiederla in locazione a RFI. L’intento che muoveva la Lugo Terminal era appunto quello di trasformare il piazzale, mediante una rete interna di binari e uno a raccordo con la stazione, a scalo merci privato per l’esecuzione di operazioni di trasporto ferroviario a carro e di unità di carico intermodale e, quindi, per le prestazioni di trasbordo e terminalizzazione su gomma delle merci in arrivo e partenza con i treni. RFI, incurante di quanto previsionato dall’Amministrazione comunale circa il destino dell’area in parola, dopo un informale avviso pubblico di concessione del piazzale da impiegare a scalo intermodale raccordato addivenne a locare l’intero sito alla soc. Lugo Terminal, una volta che questa rilevò le quote azionarie degli altri soci della originaria società “Giovinazzo Terminal”. E’ utile ancora evidenziare che, al fine rendere accessibile l’impianto ai grossi mezzi su gomma che per l’ingresso e l’uscita delle merci al Terminal dovevano attraversare le nuove strade che confluiscono su Via Molfetta, fu costruita una grossa apertura al muro di cinta in cemento armato proprio sul confine delle particelle dei terreni rientranti nella lotizzazione della D1.1.
Accesso al Terminal mediante varco aperto sulla mura di cinta dell’area ferroviaria. Visibile il manufatto prefabbricato adibito
a ufficio e a controllo ingresso e uscita merci. Non c’è nessuna segnalazione che indica l’insediamento del Terminal sul sito.
Un ampio cancello in ferro videosorvegliato è posto a chiusura dell’area del terminal, mentre l’antico ingresso che dà sul viale Emily Dichinson è completamente sbarrato dall’interno. Nonostante poi quei terreni all’ingresso del Terminal fossero stati posti sotto sequestro, sono stati adattati per tracciare il percorso in ingresso e uscita dei camion, ma sono stati, altrtesì, occupati da un esteso prefabbricato in legno ove insistono gli uffici per il disbrigo delle operazioni di trasbordo, consegna e ricevimento delle merci.
Questi i fatti, veramente inoppugnabili! In maniera del tutto indebita e oscura è stata imposta la realizzazione della piattaforma intermodale da parte della soc. Lugo Terminal che ha utilizzato da sempre l’intera area ferroviaria, in gran parte destinata a stada comunale inclusi i suoli lottizzati, sottoposti a sequestro giudiziario e ora resi liberi da ogni vincolo della magistratura.
Oltremodo chiare sono le considerazioni che si possono trarre da questo quadro di sospette compromissioni.
RFI, con la destinazione a scalo intermodale data all’area di proprietà, concessa a Lugo Terminal, ha stravolto lo strumento urbanistico, alterandone la pianificazione urbanistica su tutta la fascia di territorio della Zona Zurlo. E continua in quest’azione indebita con l’includere nel contratto di locazione dell’area del Terminal anche i suoli lottizzati nella maglia della D1.1.
Il Terminal è costruito su quel sito senza un permesso edilizio e senza alcuna certificazione di agibilità dello stesso e di compatibilità con l’ambiente di tutte quante le attività di scalo e di terminalizzazione, quest’ultima oltremodo rischiosa specie per il trasbordo e la movimentazione sul piazzale delle merci pericolose.
Sull’area, in modo del tutto irregolare, sono stati installati alcuni container di grande volumetria per la custodia e il deposito di attrezzi per i servizi di scalo e contenitore di carburante e anche un prefabbricato per gli uffici della gestione del Terminal, senza che vi sia stata una registrazione effettiva della presenza di quell’impresa logistica ad operare sul territorio.
Si è aperto un varco sulla mura di cinta dell’area locata per consentire l’accesso al terminal da parte di camion pesanti perché gli stessi possano circolare liberamente sulle due ampie strade dirette a intersecare via Molfetta.
Manca un piano di sicurezza esterno a tutela delle unità immobiliari che ormai sono a confine del Terminal, quasi si affacciano sul piazzale.
Possibile che nessuno abbia mai investigato che quelle attività si svolgessero in tutta sicurezza per l’ambiente esterno. Più che accertare la realtà credo che chi di competenza si trinceri dietro i soliti luoghi comuni “del non so” che fanno tanto comodo. Non sarà che anche la soc. Lugo Terminal abbia brigato perché si sorvolasse su tutte queste anomalie ritenendole di poco conto?
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