DISAGIO ALLA VISTA DI UN PERSISTENTE DEGRADO
Da qualche tempo vado sostenendo che Depalma è ormai preso dalla campagna elettorale per la sua rielezione a Sindaco mettendo in essere una serie di iniziative che vanno dalla propaganda di grandi opere pubbliche, che dice di voler fare, al presenziare tanti eventi sociali e culturali patrocinati e sovvenzionati dal Comune, fino alle roboanti inaugurazioni di spazi pubblici resi fruibili dopo lavori di risanamento. E’ di questi giorni il completarsi del ripristino di un’area adiacente via Toselli e dello spiazzo delimitato tra Via Bitonto e via Cairoli di fronte alla ferriera che indebitamente è stato intitolato “Piazzetta Cairoli”. Naturalmente queste incessanti sue presenze puntano tutte a far risaltare l’impegno a ripristinare l’arredo urbano dei quartieri periferici come sostiene nei suoi comunicati elogiativi. Bene! Non si può fare a meno di congratularsi con il Sindaco per la consegna di queste opere che, a dire il vero, dovevano essere ultimate e rese disponibili già da tempo, stando alle condizioni tecniche dei relativi accordi negoziali. Ma quello che qui mi preme appuntare è che questi interventi, a distanza solo di qualche mese, entrano già in una sorta di degrado, non solo per l’incivile utilizzo che spesso se ne fa ma, soprattutto, per la mancanza della necessaria cura continuativa che si deve pur avere per un bene che è cosa comune, patrimonio della collettività e che, perciò, non può essere abbandonato a sé stesso.
Lungi da me incredulire Depalma ma, giusto per significare lo sconforto che mi prende all’arrivo a Giovinazzo nel percorso che faccio dalla stazione alla mia dimora, qui vengo ad appuntare brevi note di rilevamento dei tanti ambiti di decadimento che, purtroppo, registro lungo quel tragitto che è, pur sempre, nel bel mezzo della città. Quello che riporto in questa specie di carta di viaggio è la percezione impressionata il tardo pomeriggio di venerdì 15 luglio scorso, dopo che si è abbattuta una abbondante pioggia pomeridiana anche su Giovinazzo.
All’arrivo del treno alla banchina del secondo binario, scendo la scalinata del sottopassaggio e subito mi fa specie leggere un piccolo cartello, apposto da tempo alla parete dell’inizio del prolungamento del sottovia ferroviario, che avverte che quel percorso è di competenza della civica Amministrazione. Quell’avviso sta a significare che l’indecenza di quel tratto pedonale non può essere addebitata alla Società Ferroviaria cui spetta pulire e manutentare solo il collegamento dal fabbricato viaggiatori ai binari di circolazione e non altro. Non può certo dirsi che non sia un pessimo biglietto da visita per il Governo cittadino quel cartello, ancorché di piccola dimensione, che incolpa la Municipalità per l’indecoroso stato di quel passaggio che consente l’attraversamento pedonale sulla via pubblica lato monte della strada ferrata. E nel guardare verso quel corridoio sotterraneo avverto che nessuno si preoccupa di pulire quel tratto del sottopassaggio. Svolto subito per salire la scalinata che immette nell’atrio del fabbricato ferroviario per poi uscirne e mi trovo la rotonda antistante la stazione, cui è stata installata, appena ad aprile dello scorso anno, un piccola stele artistica, omaggio all’evoluzione femminile, completamente ripulita dalle sterpaglie che fino alla settimana precedente invadevano le piante ornamentali messe a dimora per l’inaugurazione.
Ricordo le accese condanne, anche a voce del Sindaco, che allora furono elevate, allorché, dopo qualche giorno dall’inaugurazione, furono furtivamente asportate alcune di quelle siepi poste a corredo della stele. Oggi nessuno sembra preoccuparsi dello stato di abbandono di quell’aiola, gli stessi operatori, intervenuti qualche giorno prima per estirpare le erbe spontanee che si alzavano di torno al monumento fino a coprirne quasi il piedistallo, hanno provocato lo strappo del telo di copertura della piantumazione su cui era stato sparso del pietrisco a guarnizione dell’aiola. Ora parte di quel pietrischetto sollevato si trova disperso a bordo del cordolo di pietra che confina l’area circolare dell’aiola, forse a causa del forte vento e della pioggia o delle stesse bestie che vengono portate li per i loro bisogni. La percezione di una certa trascuratezza per quel piccolo spartitraffico circolare, all’origine creato per ospitare una palma phoenix, non può certo ispirare un cenno di benvenuto nella città, almeno per quei pochi visitatori che vi giungono in treno. E pensare che il monumento che si volle al posto della palma fu ritenuto, dal punto di vista artistico, degno di ammirazione, tant’è che si diceva che avrebbe suscitato l’interesse degli stessi passanti a capire il profondo significato di quel manufatto. Nello stato in cui oggi si presenta quell’arredo urbano, pur ripulito dalle sterpaglie, non vedo chi si fermi a coglierne lo spirito creativo dell’autore.
Mi avvio subito per il Corso Marconi, già Viale della Stazione, e annoto sul marciapiede, alla mia destra, la pavimentazione di diverse fosse ove erano a dimora alberi andati persi anche dopo una piantumazione di qualche anno addietro. Quelle buche sono state chiuse per potervi installare alcune panchine che riscontro sempre poco utilizzate, stante di fronte un ampio attrezzaggio a dehors, particolarmente affollato da avventori in tutte le ore. Gli alberi invece che sono lungo tutto il viale già pieni di polloni anche alti e folti, dove rimanevano impigliati scarti di rifiuti di ogni genere, vedo con piacere che sono stati ripuliti nei giorni precedenti, mentre alcuni giovani lecci, appena piantati in inverno, sono già disecchi, certamente, perché non si è provveduto ad annaffiarli.
All’altezza dell’incrocio con via Celentano permane il solito indecente accumulo di rifiuti intorno ai tre cassonetti ivi posti a bordo del marciapiedi che costeggia il fianco dell’edificio ex conventuale degli agostiniani. Lo sconcerto che si prova alla vista di quell’evidenza provoca forte inquietudine perché si può trarre la convinzione che, in quel quartiere manca in assoluto il senso civico dell’ordine e del rispetto dello spazio comune. Intorno ai contenitori per niente colmi constato sistematicamente l’abbandono promiscuo di cartoni, sacche di immondizia, cassette in plastica e di legno ed ogni altro scarto domestico in genere; il che dimostra quanta scarsa diligenza ed attenzione si presti nel separare i rifiuti, deponendoli distintamente negli specifici contenitori.
E subito nell’attraversare piazza Sant’Agostino, attrezzata, da qualche anno, con due grossi spazi a verde, riprovo la sensazione che anche quella area pedonale creata per valorizzare il sagrato del tempio ed ospitare i frequentatori della chiesa, rimane nello stato di completo abbandono. Dei sei lecci ivi piantumati, ma mai potati per conservare la loro sagomatura originaria, uno si è seccato, mentre le due aiuole, ornate con piante basse fiorite all’epoca della inaugurazione, ora sono completamente sguarnite tanto di piantine fiorite che di altra essenza sempreverde. Al loro posto sono presenti piante diverse d’appartamento che qualche volenteroso si è privato per trapiantarle lì. Ma l’aspetto di degrado lo si avverte in tutta la sua portata nel constatare che il terreno ormai brullo e completamente indurito delle due aiuole è divenuto ricettacolo di piccoli rifiuti e di carte portate dal vento e, soprattutto, di mozziconi di sigarette che affiorano in abbondanza a coprire il terreno.
Scendo ancora per via Via Marconi e il transito di un veicolo di grossa cubatura mi costringe a fermarmi all’ingresso di via Gigante, chiusa al traffico. La vista si canalizza lungo detta via fino all’altezza dell’ingresso dell’Edificio Scolastico comunale ove campeggiano due grossi vasi ornamentali che ne inibiscono la circolazione veicolare su quel tratto. Non posso fare a meno di rilevare che i due arbusti ivi contenuti sono ormai dissecchi, la calura estiva della prima decade di luglio e la mancanza d’acqua li ha completamente inariditi; chissà per quanto tempo quei due vasi rimarranno in quello stato prima che si provveda alla sostituzione delle due piante. Nella medesima condizione è il vaso posto nel bel mezzo di via Gigante sullo sbocco con Piazza Garibaldi.
Ancora più giù, interseco via Palmiotto Francesco che mi da la vista della angolatura della Villa Comunale. Fa venire i brividi vedere quella parte delle aiole dei Giardini Pubblici completamente inaridita. Sembra un’aia disseccata dopo la mietitura del fieno. Su quel campo, altro non può definirsi, un signore ha lasciato libero il suo cane che gironzola nel bel mezzo dell’erba ingiallita.
E subito a pochi passi ancora un’altra isola ecologica contornata da ogni specie di rifiuto, proprio sul bordo del marciapiedi del muro di cinta dell’Istituto Vittorio Emanuele. Veramente ripugnante il solo osservare quell’angolo cittadino così trafficato ridotto a mo’ di discarica temporanea.
Giungo finalmente in Piazza ove le parti dell’edificio Vittorio Emanuele ai lati della scalinata della Chiesa di S. Domenico rimangono da anni transennate e all’interno dell’area impraticabile è presente del materiale ligneo, avanzo di qualche impalcato, come pure abbonda la crescita di erba spontanea fra i giunti delle lastre in pietra della pavimentazione. Il tutto ormai fa parte integrante del prospetto di quell’imponente costruzione in pieno dissesto, tanto da temere per la pubblica incolumità. Un’immagine a dir poco desolante. Attraverso la strada ex statale, al verde del semaforo, e giungo sul varco per piazza Umberto e lì trovo a terra sotto il marciapiede, all’ingresso della cartoleria, l’ultimo paletto che delimita il tracciato pedonale lungo quel fronte della piazza. Qualche automezzo ci ha sbattuto fortemente contro fino a sradicarlo ed abbandonarlo. Sul marciapiedi del Municipio, invece, accanto alle transenne incatenate al palo della segnaletica, i due supporti incavati, entro cui sono impiantate le aste a reggere il grande cartellone del tracciato stradale, si prestano ad essere costantemente contenitori ideali per mozziconi, scatole vuote di sigarette e bottigliette in plastica. Funzionano come veri e propri raccoglitori d’immondizia.
Appena superato quel tratto della piazzetta, dietro al Municipio, un capannello di persone discute animatamente e, passando lì da vicino, recepisco che il loro argomentare verte sul fatto che da mesi i bagni pubblici sono inutilizzabili e che il loro lagnarsi è motivato dal ritardo inammissibile a porvi rimedio per la riapertura. Transito su Via Marina, il cui affaccio sul porticciolo è da anni transennato, e constato che la copiosa pioggia ha lavato e ripulito l’intero lastrico stradale dai resti di minzione canina che stagnando sulle basole scheggiate sprigionano con la calura esalazioni maleodoranti. E di fatto appena all’altezza del Carmine incrocio una signora che passeggia portando con se il cane che tira verso l’angolo dell’edificio Marziani per poter fare pipì
Finalmente a casa ove davanti all’accesso sostano da più di un mese i due cassonetti, posizionati lì fuori dal loro spazio, perché l’olezzo dei rifiuti maleodoranti infesta le narici dei clienti del ristoratore che apre in estate i battenti presso il locale di dietro alla chiesa del Carmine. E non si può dar loro torto, perché quei cassonetti rotti e privi di parte dei coperchi rimangono sempre aperti e l’immondizia ivi immessa, specie se sfusa, con il caldo emana degli odori fetidi. Particolarmente tali sono le esalazioni che avverto dopo lo scroscio di pioggia che li ha da poco invasi.
E’ già si fa sera, cadono le ombre notturne, si accendono le luci della pubblica illuminazione, ma il lampione all’angolo di via Marina di fronte all’ingresso principale della Cattedrale è sempre spento. E’ da mesi che è in quello stato e nessuno si è mai peritato di segnalare l’inconveniente, anche perché nella zona diversi sono i lampioni, applicati alle mura aragonesi sul fronte occidentale, che rimangono da tempo oscurati. D’altronde perché avrebbero dovuto farlo, considerato come vanno le cose. Personalmente per ben due volte ho fatto la segnalazione presso l’Ufficio della Polizia Urbana perché l’azienda manutentrice vi provveda; nulla, però, è stato fatto per ripristinare l’illuminazione di quell’angolo caratteristico del centro antico, pur stando nel pieno della stagione estiva.
Fine del rapporto.
Entrato in casa non posso trattenermi dal pormi una domanda alquanto sconcertante: è questa la città che vogliamo vocata al turismo? Quale turismo? Quello delle sagre paesane e degli spettacoli popolari che attraggono sole masse che aggravano ulteriormente questo quadro di trasandatezza sociale e decadimento urbano.
E’ vero serve il restyling delle aree urbane ma, prima ancora, urge un restyling della politica, perché chi si pone a capo della città sappia correttamente e con onestà intellettiva rendere conto dei propri risultati e dei relativi costi imposti ai cittadini. Sappia, innanzi tutto, produrre nuova conoscenza civica e innovazione sociale e comprendere così, attraverso un serio rapporto ricognitivo con i cittadini, le priorità da assecondare nell’interesse generale della comunità e, quindi, migliorare la qualità dei servizi e curare il mantenimento del patrimonio comune.
E’ in questo che Depalma ha difettato completamente.
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