Lunedì 19 dicembre sul piazzale dello scalo della Soc. “Lugo Terminal”, in località Zurlo, si è svolto un gran raduno di operatori logistici, interessati al traffico intermodale sull’hub ferroviario di Verona-Quadrante Europa, cui sono intervenuti anche esponenti politici e Amministratori dei Comuni di Verona, Lugo di Romagna oltre, naturalmente, al Sindaco Depalma. L’occasione per una così impegnativa manifestazione convegnistica, cui sono stati illustrati i vantaggi, anche a difesa dell’ambiente, del sistema trasportistico bimodale ferro-gomma sulle grandi direttrici interconnesse, era la presentazione del nuovo collegamento ferroviario lungo la dorsale adriatica da Giovinazzo al Quadrante Europa di Verona. Già da qualche mese, infatti, l’impresa ferroviaria I.S.C. (Interporto Servizi Cargo), controllata dalla S.p.a. Interporto Campano di Nola, ha attestato un servizio bilanciato sullo scalo ferroviario veneto per il trasporto di unità di carico di vario genere (contenitori, casse mobili, container isotermici, high cube e tank), utilizzando vagoni privati noleggiati. Il convegno è stato organizzato dalla Soc. “Lugo Terminal”, facente capo all’azienda di Enzo Poli, già titolare della Imola Legno, allo scopo di rilanciare l’operatività dello scalo intermodale locale che, insieme a quello ben più esteso ed attrezzato nel territorio del Comune di Lugo di Romagna, concorre allo sviluppo di un network logistico di quel operatore terminalistico, sul mercato sin dall’ultimo decennio del secolo scorso. La “Lugo Terminal”, di fatto, ha acquisito l’intero pacchetto azionario di Giovinazzo Terminal s.r.l., di cui deteneva il 40%, dalla Molino Casillo S.p.a. (40%) e per il restante 20% dal Cap. Vito Totorizzo (Istop Spamat di Molfetta) e dal Cav. Ventura.
Un’operazione che, nei mesi scorsi, è stata definita dagli stessi Amministratori della “Lugo Terminal” come propedeutica al rilancio della piattaforma giovinazzese quale centro logistico al sud Italia per la concentrazione dei trasporti ferroviari da istradare lungo la dorsale adriatica verso le destinazioni del nord-est Europa, collegate all’interporto veronese. Il progetto della società lughese di proporsi come operatore terminalista completamente attrezzato per l’organizzazione di ogni tipo di traffici nazionali e internazionali in partenza dal meridione per l’Europa settentrionale è, in effetti, ardito, non solo per la sostanza dei suoi interessi industriali rivolti alla produzione di attivita di supporto ai trasporti tradizionali e intermodali, ma anche per un più alto posizionamento sul mercato della offerta di una vasta gamma dei servizi di raccolta e consegna merci e delle operazioni di scalo e deposito sui due impianti di sua gestione. E per dare qualità e affidabilità a un tale network logistico la società ha deciso di puntare nell’area meridionale concentrando la sua operatività sullo scalo di Giovinazzo, dopo aver abbandonato il piazzale della nuova stazione di Apricena che il Gruppo FS gli aveva approntato per il trasporto d’inerti e, ancora, dopo essere uscita dalla società dello scalo della Surbo Terminal S.r.l., in territorio leccese. Non è un caso che sulla questione della riqualificazione industriale della “Lugo Terminal” si sia pronunciato a fine estate anche il Comune romagnolo nel cui territorio la società ha la sede legale e la gestione di un ampio terminal privato, raccordato alla rete ferroviaria, e dotato di magazzini di stoccaggio su una superficie di 190.000 mq., di aree di sosta e di una piattaforma di carico, scarico e trasbordo delle merci da camion a treno e viceversa.
Il Polo logistico della “Lugo Terminal” in territorio di Lugo di Romagna
Data la risonanza e la grande pubblicità che si è voluta dare all’iniziativa del 19 dicembre sui notiziari specialistici di settore, e soprattutto da parte dei più disparati organi di stampa locale e regionale, pure a scopo politico, non era mia intenzione fare altre considerazioni a riguardo. Molte in passato sono state le mie esposizioni a denunciare le gravi violazioni urbanistiche messe in atto con la realizzazione di quello scalo e, ancora, le anomale condizioni di esercizio della piattaforma situata nella Zona di servizio artigianale D.1.1., tuttora sottoposta a sequestro giudiziale. Uno scalo merci che, solo ora, a tutti gli effetti, è riconosciuto impianto privato al servizio di operatori logistici, particolarmente quelli dediti all’intermodalità, perché fino a qualche tempo fa era ritenuto, specie dai politici nostrani, di appartenza delle FS, solo perché localizzato all’interno del recinto ferroviario. E ciò si affermava solo allo scopo di giustificare quell’insediamento industriale completamente abusivo e in contrasto con lo strumento urbanistico. L’ultima mia trattazione a riguardo l’ho fatta appena l’anno scorso con un circostanziato scritto dal titolo “Il polo logistico Merci in località Zurlo: L’altra faccia dell’illegalità della Zona Artigianale”, pubblicato sul n.10 del 2015 di “in Città” che, comunque, di seguito è riprodotto per un’informativa più precisa sull’argomento.
Il piazzale di Giovinazzo, privo di servizi e pertinenze con l’accesso a nord tramite il varco aperto sul muro di cinta
Tuttavia, proprio quanto è stato detto in quella conferenza stampa dai tanti oratori, mi ha indotto a fare qualche indicativa specificazione, giusto per porre all’attenzione pubblica il grave impatto ambientale e urbanistico che quella struttura, sorta dal nulla su un’area non più impegnata dalle FS per l’esercizio della rete e in parte pianificata ad altra destinazione, provoca sul nostro territorio cittadino. Non già per mettere in dubbio la valenza dell’intermodalità che, come affermato dagli esperti del ramo, costituisce il sistema trasportistico più economico e più rapido per lo sviluppo degli scambi commerciali su lunghe distanze, ma solo allo scopo di far rilevare quanta poca rispondenza ha il nostro scalo merci come polo logistico, per quel che è la sua attuale infrastrutturazione e la sua localizzazione fuori da un’area industriale previsionata allo scopo. Tanto anche a contraddire alcuni interventi, in sede di conferenza, secondo cui il nostro scalo possa, perfino, funzionare, nientemeno, come area retroportuale dei bacini marittimi di Molfetta e, per giunta, di Bari che pur è sede di un interporto ed è servito da un grande scalo ferroviario pubblico FS, in località Lamasinata. Mi astengo, comunque, dal fare osservazioni sulla prolusione di stampo propangandistico del Sindaco Depalma che ha tra l’altro asserito l’importanza per lo sviluppo dell’economia cittadina della presenza della “Lugo Terminal” nei cui riguardi, anche in altre circostanze, ha avuto espressioni di notevole apprezzamento per l’investimento fatto sull’impianto locale. Unico intervento risalente alla gestione Natalicchio che non sia stato oggetto di sue accese critiche e riserve, parimenti a tante altre opere ereditate dal predecessore.
Sono stato, invece, indotto a fare qualche osservazione al commento del Sindaco di Lugo di Romagna, Davide Ranalli, che all’indomani della presentazione pubblica del nuovo collegamento ferroviario in partenza da Giovinazzo, sulla sua pagina Facebook, ha scritto: “E’ motivo di grande orgoglio per me e per Lugo sapere che tutto questo è nato grazie ad una delle realtà produttive più importanti della nostra città. Si tratta di un corridoio commerciale che collegherà la cittadina pugliese con Verona, aprendola di conseguenza ai traffici merci con l’Europa”. Di sicuro il giovane Sindaco Ranalli non avrebbe fatto una simile affermazione se avesse saputo che quei trasporti convogliati sul nuovo treno diretto allo scalo veronese per lo più non si generano nel nostro comprensorio industriale, ma soprattutto se gli fosse stata data la possibilità di visitare il piazzale dello scalo. Per dire questo, avrà immaginato che anche l’impianto di Giovinazzo, alla stessa stregua della struttura intermodale di Lugo, sia inserito in un’area industriale di facile accessibilità e collegata adeguatamente a uno snodo stradale importante e che, soprattutto abbia un certificato di agibilità edilizia da parte del Comune e di autorizzazioni da parte di altre Autorità pubbliche che l’hanno abilitato ai servizi, in conto terzi, per la manipolazione, trasbordo, movimentazione e sosta anche di merci pericolose. Infatti, il centro intermodale di Lugo è inserito all’interno di un’ampia area industriale, classificata anche come ambito produttivo sovralocale (n.16) dal vigente piano dei Comuni di Lugo e di Cotignola. L’area stessa ha una destinazione urbanistica conforme essendo classificata dal PRG cittadino come F.3.2, -Zona scalo e raccordo ferroviario-, sottoposta a tutela della maglia centuriata di cui all’art. 21.b del PTCP. Infine, il Centro merci stesso con D.D. n.2206 del 09.07.2015 del Dirigente del Settore Ambiente della Provincia di Ravenna ha avuto l’Autorizzazione integrata ambientale (AIA) per la manipolazione e lo stoccaggio preliminare dei rifiuti speciali di cui al p.5.5 dell’All.VIII della P.II del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., proprio di quei rifiuti pericolosi (traversine ferroviarie di legno) che la Soc. Logex concentra a Giovinazzo per l’invio presso le industrie di smaltimento in Germania.
Un bel dire, dunque, della realtà di Giovinazzo da parte del Sindaco Ranalli, ma la nostra piattaforma è completamente sfornita di tutte quelle certificazioni in possesso del centro intermodale di Lugo ed è, perfino, sguarnita di un piano dei rischi connessi con l’esercizio di quell’attività logistica d’impianto, come ebbi a rilevare nello scitto dell’ottobre 2015. E questo a significare le condizioni tecniche cui si lavora sul nostro impianto, costituito solo da un vasto piazzale raccordato senza alcun’altra pertinenza di servizio, del tutto diverso da quello di Lugo, pure di appartenenza della “Lugo Terminal”.
Il treno merci, lanciato da Interporto Servizi Cargo col supporto logistico di “Lugo Terminal”, in arrivo a Giovinazzo
E, non posso neppure fare a meno di qualche appunto anche alla relazione del Vice-Presidente dell’Assemblea regionale pugliese, Peppino Longo, inviato alla manifestazione dal Governatore Emiliano, che ha intravisto la relazione ferroviaria tra la Puglia e il Veneto come il migliore “contributo per dare un valore aggiunto ed efficienza a un’economia produttiva che deve essere un esempio d’innovazione sostenibile, di semplicità organizzativa, di contenimento di costi, di miglioramento delle prestazioni”. Insomma, come a dire che assume un tale valore solo se questo nuovo collegamento sulla dorsale adriatica verso il Nord-Est parta dallo scalo privato di Giovinazzo, piuttosto che dallo scalo merci pubblico di Bari che pur è specificatamente attrezzato per questa tipologia di traffici e ove, peraltro, operano altre aziende dedite al trasporto intermodale. Ancor più discutibile poi mi è parsa la sottolineatura del politico regionale che, a proposito dell’accordo industriale tra l’azienda terminalista lughese e l’impresa ferroviaria I.S.C. di Nola, artefice del nuovo treno, ha parlato di un’efficace collaborazione tra pubblico e privato. Ha, infatti, affermato nel corso della conferenza stampa che: “ancora una volta la collaborazione pubblico privato ha portato i suoi buoni frutti per lo sviluppo economico del territorio e per modernizzare le nostre infrastrutture e rendendole adeguate alle reali necessità delle imprese e dei mercati”. Francamente non vedo alcuna connessione fra pubblico e privato in quest’articolazione di affari, anche perché la stessa trazione del treno che assicura il collegamento in questione è praticata direttamente dall’impresa I.S.C. che vanta una flotta di 6 locomotive elettriche che impiega per l’esercizio pure di altre relazioni ferroviarie sulle tratte Milano-Verona e Pomezia-Nola/interporto. Salvo che l’esponente regionale non abbia voluto fare riferimento con quella sua dichiarazione alla cessione in affitto dell’area ferroviaria da FS alla “Lugo Terminal” per trasformarla a piattaforma raccordata pur contravvenendo alle previsioni del piano urbanistico cittadino. O, ancora, peggio alla stessa compiacenza del Comune di Giovinazzo che ha consentito, in via del tutto informale, l’adattamento di quel piazzale FS, di risulta, a impianto merci raccordato senza un certificato abilitativo e di agibilità a svolgere al suo interno attività logistiche e di terminalizzazione dei trasporti. Un intervento strutturale che, di fatto, ha modificato, in quel comprensorio, le linee urbanistiche del PRG comunale, cancellando, perfino, una strada lungo il previsto nuovo confine ferroviario.
A parte tutto questo, una cosa è certa, quel nuovo collegamento che, nella sua generale impostazione di esercizio, pur arreca tanti vantaggi sul piano economico e di tutela dell’ambiente, peggiora ulteriormente la situazione urbanistica cittadina e la salubrità di quell’ambito abitativo per l’accrescersi della circolazione dei grossi camion e tir che transitano nella zona per l’accesso e l’uscita dallo scalo. Senza dire del forte incremento dell’inquinamento acustico provocato dalla movimentazione di maggiori e più consistenti unità di carico con i pesanti mezzi di sollevamento che circolano sul piazzale.
Di quest’aspetto, che interessa particolarmente la comunità cittadina, nessuno ne ha fatta trattazione nella conferenza stampa.
Morale della favola: il 19 dicembre si è voluta fare l’esaltazione di un’azienda che ha modi diversi di fare logislica e terminalizzazione di trasporti a secondo che opera sul suo territorio o al sud, ove la subcultura politico-clienterale dà spazio all’agire “in odium regulae”. E ce ne gloriamo pure!
L’altra faccia dell’illegalità della Zona Artigianale”, pubblicato sul n.10 del 2015 di “in Città”
https://issuu.com/incittagiovinazzo/docs/2015-10_-_ottobre
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