Nell’ultimo scritto dal titolo “La Daneco inagura la stagione dei contenziosi” ho cercato di dare comprensione della controversia extragiudiziaria, innescata dalla Daneco S.p.a., concessionaria del servizio di smaltimento RSU a San Pietro Pago, allo scopo di vedersi riconoscere dal Collegio Arbitrale la parziale restituzione di canoni e corrispettivi d’utilizzo della discarica, versati al Comune. Il mio intento, poter rendere comprensibile che il rimborso, computato dalla Società in poco più di 5.500.000,00 Euro, afferisce a corresponsioni correlate alle lavorazioni dei rifiuti smaltiti in discarica, dopo il pre-trattamento presso l’impianto, allestito in via provvisoria nelle more della costruzione di un più complesso stabilimento di riciclo. A tal fine, ho fatto richiamo all’ancor vigente atto concessionale, n. rep. 60387 risalente al 26.09.2003, che, all’art.20, consente ai contraenti di far ricorso all’Arbitrato per risolvere le controversie concernenti la materia dell’appalto e relative condizioni finanziarie. Un Istituto convenzionale, al quanto utile nella fattispecie, dato l’articolato rapporto, contratto tra il Comune e il precedente concessionario SPEM S.p.a., che prospettava una progressiva infrastrutturazione del sito in vista della creazione del futuro impianto stabile per il riciclo di rifiuti urbani non pericolosi. Tanto si evince dal preambolo del medesimo contratto che trascrive i propositi espressi dal Consiglio Comunale di Giovinazzo con Deliberato n.20 del 23.10.2002 e i risultati delle consulenze tecnico-legali, allora commissionate, ad attestare la fattibilità del percorso d’industrializzazione della località San Pietro Pago, ormai destinata a discarica pubblica. E, infatti, quel programma d’infrastrutturazione del sito trovò compiutezza, dopo una gara d’appalto, con la stipulazione del successivo contratto, questa volta direttamente con la Daneco, n.2313 del 30 dicembre 2008, che impegnava la stessa a progettare, costruire e gestire l’impianto di biostabilizzazione a regime con annessa discarica di soccorso, da insediarsi su terreni agricoli adiacenti alle cave.
La cava del V lotto come si presenta attualmente
Questa seconda contrattualizzazione ebbe l’avallo del Servizio Rifiuti della Provincia con Determina Dirigenziale n.31 del 09.04.2010, integrata, poi, da altra Determina provinciale del Servizio Protezione Ambiente, n.572 del 28.01.2013. Parallelamente, il progetto esecutivo, approntato dalla Daneco, conseguì l’approvazione, sotto il profilo tecnico ed economico, da parte del Settore Ambiente del Comune e degli stessi Organi tecnici provinciali e fu poi reso cantierabile già dal 15.05.2012 con Determina n.77 a firma sempre del Dirigente comunale.
E’ noto a tutti che l’opera in argomento non è stata giammai costruita.
Qui tralascio di riferire sull’intreccio delle vicende, a dir poco, contrastanti, che hanno consigliato la Daneco a non procedere all’edificazione dello stabilimento a regime concepito per la produzione di RBM (Rifiuto biostabilizzato maturo), dal costo di oltre 41 milioni di Euro, assumendo, quindi, una netta condotta inadempiente del contratto n.2313/2008. A lungo e in più occasioni si è fatta luce su tali circostanze, come pure sui ripetuti dibattimenti tra l’ATO/BA.2 e le Autorità regionali e comunali, in conseguenza delle specificazioni di sistema introdotte dal Piano Regionale di gestione dei rifiuti a maggio 2013. Divergenze, quest’ultime, insorte attorno alla prospettazione di una modulazione impiantistica diversa dall’originaria progettazione per dare a quella struttura, da erigere su terreni già espropriati, rispondenza allo schema dell’assetto degli insediamenti per il trattamento dei rifiuti, prefigurati sul territorio pugliese, dal nuovo Piano Regionale.
Non posso, tuttavia, fare a meno di rimarcare che, mentre si è assistito a infinite disquisizioni da parte dei tanti Organismi pubblici per accordarsi su quale modulo funzionale dovesse avere il costruendo manufatto, non si riscontra, finora, una procedura concreta e incisiva da indurre la Daneco a mettere mano all’impianto nei termini costruttivi secondo le linee di lavorazione, indicate, appunto, dalla risoluzione dell’ATO/BA n.8 del 03.10.2014.
Ed è, dunque, da qui che intendo ripartire nel tentativo di poter dare chiarificazione dell’inspiegabile posizione del Comune, come stazione appaltante del rapporto negoziale n.2313/2008, oltre che come proprietario del sito industriale, a fronte della reiterata manifesta inadempienza della controparte Daneco agli obbighi di sua spettanza derivanti da detto contratto di affidamento del servizio pubblico. Perché penso che, nel rapporto negoziale in essere, possa ravvisarsi un fondamentale diritto della municipalità di far valere e difendere il legittimo interesse della comunità amministrata al conseguimento degli obiettivi per cui quel contratto fu stipulato. Anche in considerazione di quanto previsto dall’art.13 del Regolamento Regionale n.10 del 03.05.2013, in forza del quale il Comune è tenuto a curare la gestione dell’impianto e, quindi, a valutare gli interventi più adeguati circa la funzionalità tecnico-operativa e il sistema di esercizio, oltre che alla sua messa in sicurezza nella fase della post-gestione.
Ed è da qui che prende le mosse questa mia focalizzazione per capire al meglio i contorni di quest’altro contrasto con la Daneco, che, se pur sopito, cova sotto la cenere, ed è molto più complicato del precedente, posto al giudizio del Lodo Arbitrale. Quest’ultima contrapposizione, infatti, trova la sua scaturigine nella manifesta violazione del rapporto contrattuale concretantesi nella mancata costruzione dell’impianto a regime e relativo esercizio. Specie se si pensa che, solo in vista di tale importante realizzazione, fu concordata e assentita, nell’estate del 2009, l’installazione dell’impianto provvisorio, costituito dalle otto celle di biostabilizzazione, e l’ampliamento del sito con il VI Lotto e, ancor più, l’aumento sistematico delle volumetrie dell’intera area della discarica mediante il rialzo delle quote di copertura finale. Il termine, comunque, da cui prende campo questa mia denuncia è l’ultima formale decisione di Depalma, compiutamente esplicitata nella Delibera di Giunta n.198 del 13.11.2014 con cui ha chiamato l’Apparato direzionale comunale a conseguire l’avvio della costruzione dello stabilimento di che trattasi.
Per una visione completa della questione vale la pena, anche, rimarcare che la Giunta è pervenuta all’adozione di detto provvedimento, dopo che al Consiglio Comunle, qualche mese prima, gli fu imposto di ratificare la cancellazione dal piano triennale delle opere pubbliche -2014/2017- proprio della costruzione dell’impianto complesso di biostabilizzazione e trattamento dei rifiuti del costo di 41 milioni di Euro a totale carico della Daneco. Ancorchè quell’opera fosse stata esclusa dalla distinta degli investimenti da portare a immediata esecuzione, Depalma, per mezzo della delibera n.198/2014, impartiva un preciso indirizzo politico alla Dirigenza del 3° Settore comunale e al RUP (Responsabile Unico del Procedimento) di attivarsi per mettere alle strette la Daneco a aprire il cantiere per la relizzazione dell’impianto e delle relative opere accessorie per la sicurezza della discarica e delle aree circostanti. In sostanza quel dispositivo giuntale, di seguito ad un’ampia illustrazione esposta dall’Assessore all’Ambiente, ing. Sannicandro, circa le decisioni maturate dall’ATO/BA nella seduta del 3 ottobre 2014, incaricava il Dirigente Trematore e l’ing. Daniele Carrieri di procedere nei confronti della Daneco perché riavviasse i lavori dello stabilimento a regime secondo l’originario progetto esecutivo, senza la realizzazione della sezione di produzione di RBM (Rifiuto Biostabilizzato Maturo). A riscontro, poi, di quella espressa volontà politica, agli inizi di febbraio 2015, il Dirigente Trematore incaricava, nientemeno, due professionisti esterni, l’Ing. Filippo Pavone e l’Avv. Giuseppe Barile, da retribuire con risorse messe a disposizione dall’ATO/BA, perché prestassero la loro esperienza professionale a guidare e suggerire al RUP l’agire più consono, secondo la decisione della Giunta, per pressare la Daneco al rispetto del suo obbligo contrattuale, concordando un cronoprogramma delle fasi dei lavori secondo cui procedere alla costruzione dell’impianto.
Bio-celle dell'impianto di biostabilizzazione transitorio
A ben guardare lo scenario che si presenta, a riflesso dell’atteggiamento di completo disinteresse della Daneco a questo contratto, ci fa comprendere quanto privi di reale e seria intenzionalità politica fossero i provvedimenti comunali appena descritti. Tanto più, se si considera che l’investimento necessario per la costruzione dello stabilimento a regime era stato stralciato, senza una doverosa spiegazione, dall’elenco delle opere pubbliche da portare a termine, né è stato più riproposto con le successive pianificazioni annuali che hanno accompagnato i bilanci di previsione comunale degli ultimi anni.
Che n’è conseguito a dette determinazioni politiche e in che cosa si è concretato il lavoro della Direzione comunale in adesione al dispositivo della delibera n.198/2014?
Un solo dato si profila in tutta evidenza: la Daneco non ha cambiato atteggiamento, né sembra abbia dato segni che lascino presagire una qualche forma di adempimento al contratto n.2313/2008 di esercizio del servizio pubblico trattamento e riciclo rifiuti sul sito di San Pietro Pago con lavorazioni proprie dell’impianto a regime.
Su un fronte, pur di incassare una cospicua somma, ha fatto ricorso all’Arbitrato perché gli sia riconosciuta la restituzione di parte dei pagamenti fatti al Comune in osservanza agli artt. 11,12 e 13 del primo contratto, prot. n.60387/2003. Sull’altro versante, invece, mostra, con fatti concludenti, di non volersi avvalere del contratto n.2313/2008, quello caratterizzante il futuro industriale del sito. Infatti, quest’ultimo appalto era propagandato, essere il compimento del disegno di riorganizzazione impiantistica concepita dall’asse Natalicchio-Magarelli, nel 2002, per la trasformazione delle attività di smaltimento dei rifiuti, in località San Pietro Pago, come servizio pubblico a pieno regime.
E che questo sia lo stato di una flagrante connivenza lo prova che il Dirigente Trematore, nella convinzione che il contratto, disatteso dalla Daneco, è ormai inteso come tanquam non esset, ha dato il via alla liquidazione dell’onorario di consulenza stabilito con i professionisti, ingaggiati per un anno, a soccorrere il RUP nel suo lavoro specifico, rivolto al conseguimento degli interessi comunali insiti in quel contratto, rimasto comunque inapplicato.
Chiesa rurale di S.Pietro Pago
Ma, allora, se si è arrivato a ritenere chiuso questo capitolo, nel senso che quel contratto, implicitamente, non è più considerato vincolante dalle parti stesse che l’hanno sottoscritto, al punto che ci si astiene reciprocamente da una qualsiasi iniziativa d’intimazione, quali sono le argomentazioni e le ragioni che hanno fatto maturare un tale convincimento all’Organo politico che pur ha formulato il dispositivo della Delibera n.198/2014? E, quali le motivazioni addotte dalla Direzione Ambiente del Comune a giustificazione del suo infruttuoso operare?
Non è tempo che la cittadinanza prenda cognizione di quello che è stato il lavoro della Direzione comunale e del RUP e il risultato che ne ha prodotto nei confronti della Daneco?
Ci sarà stato, pure, un rapporto ufficile redatto dall’Ufficio al Sindaco a dimostrazione delle eventuali azioni intraprese verso la Daneco fino a conseguire l’avviso dell’impraticabilità di procedure amministrative che possano dare esito soddisfacente all’indirizzo politico impartito dalla Giunta? Altrimenti che valore avrebbero le delibere d’indirizzo tracciato dall’Organo politico se poi l’Apparato direzionale non debba rendere conto del suo operare tecnico-amministrativo.
E se così è, in che termini si è sviluppata la supplenza tecnica dei due esperti che avranno pur svolto una relazione sul loro apporto professionale a sostegno del RUP?
Certamente questi interrogativi danno il segno di uno scenario gestionale completamente compromesso cui non si vuol rendere conto della devastazione ambiente che ne è derivata al nostro territorio, che è rimasto, altresì, privato anche dell’infrastrutturazione stabile, nella cui attesa, quel sito è divenuto un impressionante altopiano di rifiuti.
Fallimentare il risultato di tutta l’operazione condotta in località San Pietro Pago in questi quindici anni di governo di Natalicchio e Depalma:
- 2002 si programma l’acquisizione come servizio pubblico dell’area delle cave e, in vista dell’insediamento di un efficiente impianto stabile di riciclo rifiuti urbani, si amplia notevolmente il sito con altre dicariche, espropriando terreni agricoli;
- 2017 l’impianto transitorio, funzionante fino a qualche tempo fa, è inattivo, con le discariche di supporto sotto sequestro giudiziario, per contro lo stabilimento di smaltimento a regime non ha visto la luce, né, tanto meno, parte la bonifica dell’intero sito.
Una vera beffa per l’intera comunità cittadina.
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