MA LA GENTE NON CAPISCE IL LORO RINFACCIARSI ACCUSE
E’ ormai scontro duro tra il Sindaco Depalma e il suo predecessore Natalicchio, sceso inaspettatamente di nuovo in campo dopo una serie di addebiti mossigli dallo stesso Depalma nel corso del comizio pubblico, tenuto il 1 giugno per spiegare le ragioni dell’aumento della tassa sui rifiuti solidi urbani appena decisa dal Consiglio Comunale. Ed, infatti, il fronte dell’acerrima rissa sembra imperniato tutto sulla tematica rifiuti sia che la si guardi sul versante del servizio di raccolta e di pulizia della città che su quello della gestione del complesso della discarica di San Pietro Pago, da qualche mese sotto sequestro giudiziario. Che questa consigliatura, sin da quando si è aperta nella primavera del 2012, sia sempre stata improntata su un inarrestabile e viscerale contrasto tra la maggioranza al governo cittadino e il gruppo di opposizione PD è cosa risaputa, ma che potesse scadere in una schermaglia personale di contumelie nessuno l’avrebbe mai messo in previsione. Perché, questa zuffa accanita quanto confusa dei due personaggi, che hanno avuto in mano le sorti della città, non solo non è edificante per la loro dignità politica ma è, oltretutto, scadente per il contenuto del diverbio, anche perché gli addebiti che reciprocamente si scambiano sono di scarsa comprensione da parte dei cittadini. E’ apparso chiaro a tutti, comunque, che l’attacco innescato da Depalma con il suo comizio di piazza puntava a trovare appigli, più o meno appropriati, all’aumento della tassa dei rifiuti che ha dovuto praticare per il 2016 e che, per l’occasione, gli è tornato utile fare richiamo a pregresse discutibili decisioni della precedente Amministrazione per tirare in ballo Natalicchio. Ma come spesso accade in politica la violenza verbale non ha limiti a tutto discapito della veridicità delle affermazioni che i due si rimpallano l’un l’altro. E’ per questo che preme poter circoscrivere le questioni, alla base della loro schermaglia, che sembrano incentrarsi sui rapporti contrattuali con la stessa società Daneco Impianti S.p.a., che, tuttora, in via di proroga, assicura il servizio di raccolta e spazzatura della città ed è anche concessionaria della discarica.
Pare, dunque, opportuno per una possibile comprensione dell’acceso diverbio affrontare l’argomento su due piani distinti: quello del servizio di raccolta e di pulizia della città e quello della discarica.
Partiamo dal primo che è quello che di fatto è correlato strettamente al rincaro della tassazione a carico dei cittadini e che Depalma rimarca, a piè sospinto, essere dovuto ai maggiori costi per lo smaltimento dei rifiuti a seguito della chiusura della discarica pubblica di Giovinazzo. A suo avviso però avverte che la situazione attuale sarebbe stata diversa se si fosse provveduto in tempo a rinnovare l’appalto già nel 2011 piuttosto che ratificare, come fece all’epoca Natalicchio, la cessione del servizio dalla Innovambiente alla Daneco che poi l’ha esercitato mediante proroghe a ripetizione. Affermare, oggi, che quella decisione di far subentrare la Daneco nell’esercizio del servizio di raccolta rifiuti, piuttosto che procedere al rinnovo dell’affidamento, possa aver compromesso il percorso amministrativo per una gestione più conveniente dell’appalto, mi pare del tutto fuori luogo, anche perché non sembra ci fossero, all’epoca, elementi ostativi a che quel contratto potesse essere ceduto alla Daneco dalla Innovambiente. Attribuire a quel fatto un qualche nesso di causalità con le vicissitudini della attuale esplicazione gestionale e i relativi incrementi della tassazione è quanto mai pretestuoso. Sempre a questo proposito Depalma tiene, quindi, a rimarcare la contraddizione cui incorse, per l’appunto, Natalichio, che, pur vigendo la normativa nazionale (D.lgs. 152/2006) riguardo alla necessità di procedere all’affidamento congiunto fra più Comuni anche del servizio di raccolta rifiuti, pose mano, a fine dicembre 2011, alla redazione di un capitolato d’appalto per tale servizio, incaricandone lo studio all’ing. Massimiliano Piscitelli, cui affidò una specifica consulenza. Tuttavia, consta che, di seguito, subentrata la nuova Amministrazione, quella scelta non venne a cadere, che anzi trovò pieno avallo di Depalma che programmò deliberatamente di portare avanti il procedimento di riappalto del servizio fino al punto di approvare il nuovo capitolato di appalto con la delibera di Consiglio n.50 del 28.11.2012. E sulla base dello stesso deliberato fece richiesta alla Regione di poter agire in deroga al dispositivo normativo in atto per dar corso unilateralmente all’appalto del servizio che, però, come lui sottolinea, gli fu denegata (nota n.1023 del 08.02.2013 della Regione), essendo stato istituito l’ARO Ba/2, cui è parte Giovinazzo, che aveva avviato la procedura per la redazione del Progetto di Gestione del Servizio di Igiene Urbana. Tuttavia, capziosamente Depalma omette di dire che, nonostante il divieto della Regione, la Giunta Comunale il 29.11.2013 (atto n.230/2013) addivenne all’approvazione del progetto e del relativo programma per l’affidamento, in via autonoma, dell’appalto, determinandone il canone base annuo in € 2.162.201,08, e limitandone l’esercizio ad un periodo annuale, rinnovabile fin tanto che l’ARO non avesse provveduto all’aggiudicazione definitiva dell’appalto ad un gestore unico per tutti i sette Comuni aggregati. Né rivela, peraltro, che il Dirigente del 3° Settore, investito della specifica competenza dalla Giunta, ebbe da subito con suoi provvedimenti del dicembre 2013 (DD. n.n.239/2013 e 971/2013) a formalizzare il disciplinare di gara e il capitolato di appalto per l’aggiudicazione del servizio mediante procedura aperta, pubblicando il relativo bando in G.U. del 28.03.2014. La gara, però, fu impugnata dalla stessa Daneco davanti al TAR perché in contrasto con i dispositivi di legge nazionale e regionale e, nonostante tutto, la Giunta (Atto n.75 del 7 maggio 2014) ritenne di resistere in giudizio affidando l’incarico ad un legale di fiducia, l’Avv. Domenico Colella, convenendo l’onorario di € 8.754,72. Ma ci furono anche altri esposti contro il Bando di Gara, il più spinoso quello in ordine alla sorte del contratto di lavoro dei dipendenti comunali operanti nel settore; circostanza che indusse il Dirigente a sospendere la gara fin tanto che non fossero arrivati precisi indirizzi da parte dell’Organo politico comunale. A fronte di tali contestazioni la Giunta, solo il 27 giugno 2014 (Atto n.101/2014), facendo propria la relazione dell’allora Assessore ad interim, sig. Stallone Salvatore, faceva marcia indietro. Con quel deliberato, inftti, si ribadiva la vantaggiosità della proroga del servizio alla Daneco conferita pure con l’ultima Ordinanza dello stesso Depalma (n.35 del 29 maggio 2014) ed, inoltre, si sottolineava la maggiore convenienza per il Comune di affidare ad un gestore comune il servizio, piuttosto che procedere ad appaltarlo per proprio conto. In forza di quella decisione la gara stessa fu annullata in via di autotutela con DD.n.252 del 05.08.2014. Questo è il contesto di quell’operazione che, pur prefigurata da Natalicchio, fu successivamente portata ad esecuzione caparbiamente da Depalma e conclusasi miseramente con il ritiro della gara di appalto e, oltretutto, con ingenti oneri procedurali a completo carico della collettività.
E neppure si può convenire con quanto vuol far credere Depalma quando sostiene che gli aumenti dei costi del servizio sono da attribuirsi esclusivamente alla inattività della nostra discarica e, quindi, al fatto che i rifiuti vengono smaltiti in discariche private e, comunque, distanti diversi chilometri da Giovinazzo. Può essere anche questo, ma l’elevato costo della gestione del servizio è da ascrivere anche ad altri fattori di notevole importanza e, principalmente, al mancato raggiungimento degli indici della differenziata imposti dal piano regionale. In tutti questi anni il livello della differenziata è rimasto del tutto insignificante per cui la gran parte del rifiuti cittadini deve ancora essere smaltito in discarica; quantitativi più contenuti di indifferenziato avrebbero certamente comportato un minor aumento dei costi di smaltimento. E’, appunto, questo il nodo della crisi: non essere riusciti a mettere in sesto un circuito di generalizzata pratica domestica a separare i rifiuti in modo da poter beneficiare dei vantaggi che la differenziata e la connessa attività di riciclaggio di materiali di scarto comportano. Una responsabilità gestionale da cui nessuno dei due antagonisti può sottrarsi. Non è stato capace Natalicchio, tanto più Depalma che sbraita solo a rimarcare l’inefficienza del servizio e la carenza dei mezzi a disposizione, pur, tuttavia, non pare abbia mai elevato una formale e circoscritta contestazione riguardo alle acclarate inadempienze contrattuali della Daneco, circa i bassi livelli qualitativi della gestione.
E per una ricognizione più completa delle inefficienze dell’attuale sistema di raccolta vale la pena anche sottolineare la mancata realizzazione del Centro di Raccolta Comunale (CCR), già approvato nella prima versione progettuale nel novembre 2012 e poi, a seguito una serie di contrasti circa la sua localizzazione, rivisitato completamente con un costo raddoppiato di circa € 316.000,00. Il procrastinarsi delle procedure di appalto ha così comportato la perdita del contributo disposto dalla Regione sui Fondi della Comunità Europea P.O.FESR 2007-2013 e, quindi, l’arenarsi dell’intero intervento. Così trovo pure grave che non sia stata portata a termine la gara mediante procedura aperta per la progettazione e la gestione di un piano per la comunicazione integrata sui temi della raccolta differenziata, bandita già in agosto 2015 a fronte di un finanziamento di € 70.000,00 messo a disposizione con la Delibera di Giunta n.105 del 30 giugno 2015, secondo il programma denominato “Giovinazzo città aperta”.
Spostando poi l’attenzione all’altro versante, quello della discarica, benché la vicenda sia complessa la si può sintetizzare proprio in riflesso delle gravi responsabilità ancora di entrambi i confliggenti. Pochi oggi hanno a mente quale fosse la situazione delle cave di S. Pietro Pago agli inizi degli anni 2000 quando il Comune era amministrato da Commissari Prefettizi, succedutisi ininterrottamente fino alla primavera del 2002. Era stata intrapresa una vertenzialità contro la decisione della Provincia di proseguire l’accumulo e lo stoccaggio di rifiuti nelle dismesse cave di pietra ad opera della SPEM S.p.a., proprietaria delle rispettive aree fondiarie di quel sito. Le ragioni di opposizione alla Provincia di Bari trovavano fondamento sulla constatazione dell’avvenuto riempimento delle cave medesime fino alla superficie dei terreni circostanti. Peraltro, il Comune, in forza di tali reali argomentazioni, aveva perfino azionato ricorsi amministrativi portati fin davanti al giudizio del Consiglio di Stato allo scopo di far cessare l’ulteriore utilizzo del sito da parte della SPEM per lo sversamento incontrollato dei rifiuti dietro autorizzazioni temporanee e provvisorie della Provincia, allora competente per la materia. Tale era lo stato delle cose all’ingresso della Amministrazione civica con le elezioni del 2002. Ancorché sorretto da una maggioranza di centro-sinistra, il Sindaco Natalicchio, stretto un patto politico con il consigliere Magarelli di area avversa, in modo del tutto sconsiderato, indusse l’Amministrazione a invertire le direttive decisionali precedentemente prese dal Comune tese a contrastare le autorizzazioni provinciali che consentivano alla SPEM, a fronte di una grave emergenza, di utilizzare le cave di San Pietro Pago per abbancare rifiuti anche in sopraelevazione dei livelli di superficie dei terreni circostanti. Netta, infatti, appare la decisione consiliare assunta nella seduta del 23 ottobre 2002, appena qualche mese dall’insediamento di Natalicchio al Palazzo, con cui si delineava il nuovo corso strategico per lo sviluppo del processo gestionale della discarica in località San Pietro Pago. Di fatto si confermava la prosecuzione su quel sito del conferimento dei rifiuti urbani provenienti dall’intero territorio d’ambito. E, in vista di questo diverso orientamento politico, contestualmente, il Consiglio Comunale decideva di addivenire ad un compromesso extragiudiziale con la SPEM per chiudere ogni vertenza in atto, compreso il ricorso davanti al Consiglio di Stato e, quindi, accordarsi con la stessa per trasformare le sue attività in un pubblico servizio sotto la titolarità dello stesso Comune. L’operazione poi nei fatti venne ad estrinsecarsi nella acquisizione della proprietà dei terreni delle cave da parte del Comune che, al tempo stesso, provvedeva a concedere, a trattativa privata, alla SPEM l’esecuzione delle lavorazioni di smaltimento dei rifiuti dell’ambito comprensoriale dell’ex BA/2. Tanto è possibile ricavare dal contratto formalizzato per l’occasione in forma pubblica (rep. n.60387 del 26.09.2003, rogito notar Maria Teresa Guerra) tra il Comune e la SPEM cui successivamente subentrò la Daneco S.p.a.. In particolare l’affidamento del servizio dietro concessione amministrativa, una volta che la proprietà degli immobili transitò al Comune, si sostanziava secondo due processi di attività succedanei. Nella fase transitoria, l’esercizio provvisorio di smaltimento si sarebbe svolto con l’abbancamento dei rifiuti pretrattati sui lotti I,II,III, e IV, per i quali era stata richiesta l’elevazione dei livelli di copertura delle superficie delle rispettive cave allo scopo di aumentare le volumetrie di stivaggio. Nella fase successiva, quella a regime, l’esercizio dell’attività di selezione e di biostabilizzazione del rifiuto sarebbe avvenuta mediante la costruzione e l’allestimento di uno specifico impianto stabile attrezzato allo scopo, da impiantarsi su un’area privata adiacente al sito operativo delle cave (IV lotto) con annessa discarica di supporto, identificata come lotto V.
E’ notorio, invece, come il ritardo nella preordinazione della fase a regime ma, soprattutto, l’incalzare della emergenza rifiuti su vasta scala regionale portò ad ampliare le aree di abbancamento, essendosi esaurite le volumetrie dei lotti I,II e III, con la realizzazione del VI lotto sempre nel sistema di esercizio transitorio di trattamento di biostabilzzazione. Ed, ancora, che a seguito di una impugnativa del contratto su richiamato la concessione del servizio a regime fu stralciata per essere successivamente affidata tramite gara pubblica, sempre alla Daneco, con altro contratto rep. n.2313 del 30.12.2008. Parimenti acclarate sono le vicende che si sono succedute nel continuare a trattare rifiuti operando in regime transitorio ed elevando in continuazione i profili dell’ultimo lotto VI e, ancora, del tentativo di riprendere a sopraelevare i lotti I,II e III. E questo perché l’impianto a regime dal costo di circa € 41.000.000 a carico della Daneco non è stato mai costruito, nonostante l’opera sia stata resa cantierabile con Determina Dirigenziale del Comune n.77 del 15.05.2012.
A ben considerare il quadro complessivo degli accadimenti registrati riguardo all’iniziale utilizzo incontrollato delle cave di San Pietro Pago e, quindi, al formalizzarsi, mediante precisi atti (delibere consiliari nn.38 e 39 del 24.09.2009), della trasformazione di quel comprensorio agricolo in zona dalla specifica destinazione per insediamenti di attività per lo smaltimento rifiuti, non si può esimere dal fare considerazioni alquanto negative su questo processo che ha fortemente compromesso l’ambiente del territorio cittadino. E questo va sottolineato proprio in ragione delle scelte intraprese da Natalicchio, appena insediatosi, che non solo portarono a regolarizzare la situazione impiantistica dell’area della discarica ma la fece acquisire alla proprietà municipale per trasformarne l’attività in un pubblico servizio da far gestire ad un privato tramite concessione. Una decisione decisamente in controtendenza all’indirizzo dei precedenti Amministratori comunali intenzionati a far cessare ogni attività di smaltimento di rifiuti a San Pietro Pago una volta colmate le cave.
Né può rimane esente da addebiti l’operato di Depalma che nel corso della sua gestione di questi anni, non ha mai sollevato eccezioni di sorta quando, con ripetuti provvedimenti ordinatori dell’Autorità regionale, si è continuato, sempre in regime transitorio di trattamento dei rifiuti, a sopraelevare i profili del VI lotto. Ed anzi lui stesso ha autorizzato la ripresa dello stoccaggio sui lotti I,II e III per recuperare altre volumetrie dietro la motivazione di pareggiare i profili finali di questi con i livelli di innalzamento raggiunti sul VI lotto. Scellerata decisione che, a distanza di un mese circa, ha dovuto revocare per la convinta contrapposizione popolare.
Ma v’è ancora un altro grosso rilievo a suo carico: quello di non aver azionato in alcun modo iniziative decisive per indurre la Daneco a costruire l’impianto di biostabilizzazione a regime per un consistente investimento privato. Uno stabilimento che se costruito secondo i patti avrebbe garantito un notevole apporto allo smaltimento dei rifiuti provenienti dai Comuni dell’ATO/BA e un importante vantaggio per Giovinazzo, oltre naturalmente a garantire la gestione post-esercizio dell’intera discarica.
Depalma vi ha rinunciato tacitamente alla realizzazione di quella struttura che costituiva l’approdo finale di tutto il piano politico messo a punto Natalicchio. E’ in funzione proprio di quella infrastruttura che si è voluto giustificare la ripresa del conferimento dei rifiuti a San Pietro Pago, si è costituito un impianto provvisorio, si sono aumentati ripetutamente i livelli di abbancamento dei vecchi lotti, si è costruito il VI espropriando terreni agricoli ed, infine, si è pure modificato il piano urbanistico trasformando profondamente quel vasto comprensorio agreste. L’accantonamento di questa realizzazione Depalma non la può disconoscere, dal momento che l’opera stessa è stata letteralmente cancellata dagli ultimi Programma annuali dei Lavori Pubblici che il Consiglio Comunale approva di anno in anno contestualmente con il bilancio di previsione.
E c’è ancora dell’altro, nonostante l’impianto sia stato escluso da ogni documento di pianificazione del Comune, si è insistito, a spese dell’ATO/BA, per affidare la consulenza all’ing. Filippo Pavone e all’Avv. Giuseppe Barile (Determina Comunale del 10 febbraio 2015) per supportare l’ing. Carrieri a conseguire la realizzazione di quell’impianto in adesione al contratto rep. N. 2313/2008. Una consulenza che, come prevedibile, non ha prodotto alcun utile risultato, avendo la Daneco, in diverse circostanze, lasciato intendere di non essere disposta a corrispondere a quell’impegno contrattuale. Un contratto, dunque, che rimane appeso solo a dichiarazioni informali di ambo i contraenti senza che il Comune si sia mai peritato di mettere in moto azioni coercitive perché si dia concreta esecuzione.
Se l’impianto a regime fosse funzionante forse avremmo avuto l’aumento della TARI?. A questa domanda Depalma è chiamato a rispondere.
Per concludere, personalmente non ho avuto a fare apprezzamenti alla gestione Natalicchio e, in particolare, alla conduzione della partita della discarica: aveva annunciato di voler amministrare la città insieme ai cittadini (Costruiremo la città che vogliamo, la costruire insieme), di fatto si è sempre mosso secondo logiche di tutt’altra ispirazione. Ma non sento di dover ritenere degno di considerazioni chi con le trovate da sceneggiatore fa affermazioni e affastella dichiarazioni che non hanno riscontro con la realtà dei fatti e tenta con artificiosi raggiri di dare giustificazioni di comodo alle tante approssimative soluzioni che intraprende a fronte delle vicissitudini che la gestione della cosa pubblica presenta.
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