Nulla aggrava di più le soluzioni, come le tentate soluzioni!
Avevo letto da qualche parte, tempo addietro, l’enunciazione appena riportata e mi aveva colpito molto. D’improvviso mi è tornata alla mente, appena ho avuto modo di prendere nota di quest’altra sconcertante anomalia gestionale che si è esplicitata nella mancata regolarizzazione, anche dal punto di vista economico, dei suoli requisiti dal Comune per l’ampiamento del camposanto con la costruzione della VI e VII Zona sepolcrale. La questione è divenuta nuovamente d’attualità a seguito dell’attivazione dell’ultima vertenza portata avanti alla Corte di Appello di Bari dal Sig. Tricarico Giuseppe, ex proprietario dei terreni agricoli su cui è sorto il nuovo cimitero comunale. Trattasi dell’ennesimo ricorso esperito per arrivare a fare il punto sul quantum spetterebbe a Tricarico per la privazione dell’immobile e che, a sua ragione, ammonterebbe a € 971.697,10, a titolo d’indennizzo d’espropriazione e di pregiudizio subito per la sottrazione del podere, oltre, naturalmente all’indennità per l’occupazione abusiva dell’area, operata dal Comune per dare inizio alle costruzioni sepolcrali. Detto così sembra un fatto del tutto ordinario, tipico di un procedimento acquisitivo di un immobile da parte della pubblica amministrazione per la realizzazione di un’infrastruttura d’interesse pubblico. Invece, è una vicenda del tutto inverosimile che si trascina da oltre dieci anni, ma che dà pure il senso dell’improvvida conduzione amministrativa sperimentata dal Comune per poter acquisire quel terreno, senza che si sia mai arrivati a trovare un equo compromesso che ripaghi il propretario della perdita del bene.
La storia è molto lunga e travaliata e credo non valga la pena riprenderla qui interamente, se non nei suoi particolari più indicativi che pur forniscono il quadro ricognitivo dell’insanabile controversia. All’origine di tutto v’è una specie di accordo intercorso tra il Comune e il proprietario del terreno agricolo della superficie di mq. 9.438 su cui era stato progettato l’ampliamento del cimitero, previa acquisizione della relativa area mediante un regolare procedimento di esproprio. Onde evitare le procedure espropriative del suo intero campo, Tricarico si dichiarò, in principio, disposto a cedere volontariamente parte dello stesso, all’incirca mq. 5.126, a condizione che gli fosse consentito svolgere sul restante appezzamento di mq. 4.300, l’attività vivaistica e, quindi, l’installazione di serre stagionali e di un apparato d’irrigazione. Con la promessa della consegna diretta di parte dell’immobile, il proprietario mise in salvo il restante pezzamento di terreno e ottenne di poter esercitare sul sito la sua attività di floricoltura.
Tuttavia, quella dichiarazione di cessione bonaria del terreno non si tramutò mai in atti formali di trasferimento al Comune della superficie convenuta su cui era stato rielaborato il progetto esecutivo del costruendo cimitero. Perciò, sopraggiunta l’urgenza di avviare i lavori appaltati, si rese necessario requisire l’area di mq. 5126 mediante un Decreto di occupazione coercitiva, preliminare per l’avvio della conseguente azione espropriativa. A quel Decreto di occupazione, datato 21.07.2007 ed eseguito materialmente in data 08.01.2008, però, non fece seguito alcun procedimento espropriativo in danno a Tricarico, né si stipulò alcun negozio di compravendita, nonostante l’area prefigurata all’esecuzione del nuovo cimitero fosse stata consegnata alla società Italstudi S.r.l., assegnataria dell’appalto a mezzo di un contratto di project financing, portato a termine il 15 marzo 2012. Dunque, con la consegna del nuovo impianto cimiteriale al Comune da parte della Italstudi, ci si rese conto che il terreno su cui era stato costruito apparteneva ancora ad un privato, essendo stato solo requisitivo con un semplice Decreto di occupazione cui non aveva fatto seguito alcun atto di reale acquisizione del bene. Si rimediò, a distanza di qualche mese, col disporre le procedure di esproprio mediante il Deliberato di Giunta, n.168 del 21.11.2012, cui fece immediatamente seguito il relativo Decreto espropriativo n.4/2012.
E’ in questa fase che s’innesta la prima vertenza giudiziaria davanti al TAR del Tricarico che contestava l’esecuzione degli atti espropriativi condotti sulla base del menzionato Decreto n.4/2012 di cui chiedeva l’annullamento, perchè disposto oltre i termini previsti dalla legge in materia di espropri. La decisione del giudice amministrativo non poteva che essere favorevole al ricorrente poiché fu accertato che il provvedimento di esproprio era stato emesso oltre il termine di cinque anni dalla data di dichiarazione di pubblica utilità della costruenda struttura cimiteriale, identificabile con la data di adozione della Delibera Consiliare n.26 del 28.04.2005 con cui era stata approvata la definitiva progettazione del nuovo cimitero. Lo stesso collegio giudicante, però, con il suo pronunciamento, n.405 del 12.03.2015, suggeriva al Comune, non potendo essere retrocesso il terreno al legittimo proprietario essendo state insediate sul sito fabbriche di difficile rimozione, di sanare l’indebita situazione possessoria con l’avvio del procedimento speciale ex art. 42 bis del D.P.R. 327/2001, concernente il Testo Unico sugli Espropri.
Si prospettava, dunque, di reimpostare le procedure per conseguire tramite un esproprio tardivo l’acquisizione del terreno alla patrimonialità comunale, ex nunc, cioè a partire dall’esecuzione delle procedure attuali, lasciando la regolarizzazione della pregressa occupazione abusiva del fondo ad un possibile concordato tra le parti allo scopo di convenire una adeguata forma risarcitoria per Tricarico. Al Comune non rimaneva altro che seguire l’indicazione del giudice amministrativo e con Delibera del C.C. n.7 del 13.01.2016 ha disposto di dar corso alla procedura espropriativa ex art 42 bis del D.P.R. 327/2001 e di liquidare a favore di Tricarico l’importo di poco più di € 40.000,00, quale indennizzo patrimoniale e non, così come stimato da un consulente specialistico di settore. Appena un mese prima dell’adozione di tale provvedimento consiliare (dicembre 2015), Tricarico, invece, avanzava al T.A.R. altro ricorso, a norma dell’art.117 del D.lgs. 104/2010, mediante il quale richiedeva l’esecuzione della precedente sentenza n.405 del 12.03.2015 e, quindi, la retrocessione dell’immobile, dopo aver naturalmente respinto qualsiasi proposta di stipula di compravendita del bene in contesto.
Con quest’ultimo recente ricorso, con cui ha adito la Corte di Appello di Bari, secondo l’art. 702 bis c.p.c., Tricarico ragguaglia l’Organo di Giustizia sul quantum ritiene debba essergli attribuito a titolo d’indennità di esproprio e come indennizzo patrimoniale e non patrimoniale per la privazione dell’utilizzo del suo terreno indebitamente occupato dal Comune, per una complessiva somma di € 971.697,10. A questo punto il Comune ha inteso resistere e contrastare il procedimento sommario ex art. 702 bis c.p.c. e con Delibera giuntale in data 17 marzo scorso ha affidato l’incarico della rispettiva difesa all’Avv. Domenico Colella, destinando già un budget di oltre € 20.000,00 per gli onorari di spettanza.
E’ di tutta evidenza che questa sconcertante circostanza impone innanzi tutto una qualche valutazione sul particolare aspetto dei costi cui si va incontro per assicurare la patrimonialità di quel terreno al regime di demanialità pubblica del Comune. Al tempo stesso, credo, che l’occorso debba indurre a fare anche altre pertinenti considerazioni su quello che è il risultato di quell’opera la cui realizzazione non è giunta ancora al termine e che lascia, tuttora, aperte gravi controversie con rischi di soccombenza per il Comune, oltre a presentare insufficienze impiantistiche denunciate a più riprese dai cittadini.
E, infatti, in forza del processo sommario di ricognizione, Tricarico si aspetta che la Corte di Appello gli riconosca, secondo i suoi calcoli, il pagamento di € 971.697,10, mentre il Comune si è spinto a concedergli l’importo di solo € 40.000,00, somma già disponibile presso la Cassa Depositi e Prestiti. Certo che su queste posizioni così distanti la controversia non può trovare alcuna risoluzione compromissoria. Intanto il Comune per la difesa davanti alla Corte di Appello si accinge a spendere già oltre € 20.000,00, la metà di quanto ha inteso concedere a Tricarico con la delibera consiliare n.7/2016 con cui ha dato corso all’esproprio ex art. 42bis D.P.R.327/2001, senza, purtroppo, contare le spese legali e processuali del precedente ricorso al TAR cui è rimasto soccombente. Non si può certo dire che non trattasi d’ingenti esborsi chiaramente non paragonabili alle spese che si sarebbero dovute sostenere se, a suo tempo, si fosse addivenuti ad un normale esproprio con l’acquisizione dell’intero terreno del Tricarico che era asservito, secondo lo strumento urbanistico, come zona di rispetto cimiteriale.
Sta di fatto che il nuovo cimitero è rimasto incompiuto nella parte della VII Zona su cui la Italstudi S.r.l. vanta nei confronti del Comune un credito di oltre € 900.000,00 per mancate assegnazioni ai privati dei lotti, destinati, secondo progetto, a edificazioni standard di cappelle gentilizie. Tutta quell’area ora versa in uno stato di grande degrado, per essere stata, peraltro, utilizzata a deposito provvisorio di attrezzature varie e di contenitori in disuso.
Infine, non si può fare a meno di rimarcare che il complesso cimiteriale, allo stato sprovvisto, tra l’altro, di una rete d’illuminazione per lampade votive, ha incorporato la sede stradale della via pubblica che fiancheggiava l’antica cinta ottocentesca né è stata ripristinata lungo la linea di confine attuale, per non ridurre ulteriormente la porzione di terreno riservato al proprietario dell’immobile. Un così vasto ampliamento dell’area cimiteriale avrebbe necessitato anche di un ampio spazio a parcheggio su di un’area asservita a rispetto del sito, invece, si è preferito ricercare un’accomodante trattativa bonaria di concessioni che si è poi rivelata estremamente deleteria per il Comune, tanto da rimanere attanagliato da costosi contenziosi senza fine.
Così anche il cimitero sta diventando motivo d’imprevedibili spese che nulla hanno a che fare con il costo del servizio che si assicura alla comunità su cui poi vanno a pesare con imposizioni fiscali.
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