Sagre, mostre, spettacoli pirotecnici e canori, pot-pourri della festa patronale.
Cessate le guerre intestine per il dominio di Roma, Ottaviano, proclamato dal Senato primo imperatore, assunse il nome di Augusto, cioè venerabile e sacro. E, dunque, paragonandosi ad un dio dell’Olimpo, nel 18 a.C., ritenne di potersi autocelebrare istituendo, alle Calende di agosto, le feriae Augusti, le feste o meglio le vacanze di Augusto. Infatti, volle introdurre la festività in modo da poter accordare al popolo l’opportunità di festeggiarlo con le stesse modalità praticate nelle altre ricorrenze religiose che, nella Roma arcaica, cadevano con frequenza nel mese di agosto, tra cui la festa della dea Diana, regina delle selve e della caccia. I festeggiamenti a Diana, per l’appunto, si svolgevano oltre che nel tempio a lei dedicato sull’Aventino anche nelle aree boschive lontane dall’urbe ove si poteva banchettare, danzare liberamente e ritrovarsi insieme divertendosi.
Nel 21 a.C. le feriae Augusti vennero dette feriae Augustalis perché, si vollero accorpare in quell’unico festeggiamento tutte le altre cerimonie del mese di agosto e, per l’occasione, Augusto decise che tutti i raccolti della terra dovessero essere dedicati all’Imperatore quale garante dell’approvvigionamento e della distribuzione delle primarie risorse ai cittadini romani specie meno ambienti. In qualche modo veniva rivissuta nella Roma imperiale la festa che i Greci riservavano ad Athena cioè la più grande, la più sacra delle dee che dominava la terra e propiziava i raccolti.
Il ferragosto dell’era moderna fa seguito proprio a quella iniziativa di Augusto che, riproposto al 15 di agosto, si è dilatato ormai alle settimane centrali del mese, per poter godere del riposo all’insegna della villeggiatura e, proprio come nell’antichità romana, in detto periodo, si svolgono sagre e feste popolari civili e religiose fra cui la più importante è l’Assunzione al cielo della Beata vergine Maria, fissata proprio al 15 di agosto. Che la ricorrenza liturgica del 15 agosto si sia innestata su un substrato precristiano viene confermato dal fatto che la sua pratica è da collegarsi proprio ai festeggiamenti che nelle regioni mediorientali si tenevano in onore di una Grande Madre, la dea siriana Athargatis, metà donna e metà pesce, considerata la patrona della fertilità e dei prodotti dei campi. Probabilmente la sua funzione di protettrice dell’umanità e propiziatrice dei frutti della terra fu trasferita dalla cristianità primitiva alla Vergine Maria, acclamata nel Concilio di Efeso del 431 d.C. “Madre di Dio”; e ciò al fine di favorire il processo di evangelizzazione dei popoli pagani. Ancora oggi in Armenia nel giorno dell’Assunzione si benedicono con balli, suoni e feste di strada i primi grappoli d’uva.
Le prime indicazioni sulla credenza dell’Assunzione di Maria risalgono al periodo compreso tra la fine del secolo IV e la fine del V sec. d.C.. A Gerusalemme la festa dell’Assunzione si cominciò a celebrarla sin dall’inizio del VI sec. in un piccolo tempio fatto erigere sul Getsemani, dove si riteneva che la Vergine era stata sepolta prima di essere da Cristo stesso trasferita negli stessi luoghi della sua ascensione. E’ opera, invece, dell’imperatore Maurizio (582-602) aver diffuso a tutto l’impero romano la celebrazione in memoria dell’Assunzione della Vergine, sicché la festa del 15 di agosto divenne così popolare che intorno al Mille era annoverata fra le ricorrenze nelle quali si osservava il riposo e ci si svagava con ogni forma di trastullo e giostre festose. E’ così che in Spagna la festa dell’Assunta, tuttora, si prolunga per l’intera settimana centrale del mese di Agosto fra banchetti, danze, fuochi d’artificio in un’atmosfera quasi carnascialesca, poco consona alla solennità religiosa e pregna anche di elementi paganeggianti.
A Giovinazzo la festa dell’Assunzione non presenta particolarità celebrative oltre la liturgia del giorno festivo, anche se la Cattedrale è, sin dalla sua edificazione, dedicata alla Vergine Assunta in cielo, a parte la tradizionale fiera annuale, ormai, ridotta a un ordinario mercato settimanale. Diversamente accade in moltissimi altri centri urbani, non solo del meridione, ove la festa religiosa del 15 agosto è solennizzata con importanti processioni, sfilate in costume, rievocazioni storiche e, ancora, con palî, sfide di contrade, gare di sestieri e contese medioevali fra corporazioni e ceti sociali, tuttavia, meno spettacolari di quanto si svolge nella penisola iberica.
Da noi il fulcro della festa di agosto, invece, si focalizza sulla solennizzazione della protettrice i cui festeggiamenti, ormai via via ogni anno, si sono dilatati, per la gran parte del mese. La scarsa disponibilità di fonti documentali, tuttavia, non consente di avere storicamente e cronologicamente notizie certe sul concentrarsi dei festeggiamenti agostani con riferimento al culto verso la Vergine di Corsignano. La trascrizione, a cura dello storico Giuseppe De Ninno, di un antico verbale, datato 1388 e andato perduto, ci descrive che la nostra festa grande sarebbe stata dedicata alla Beata Vergine con il titolo di Corsignano, perché riconosciuta da tutto il popolo e il clero locale, sotto l’egida della Universitas, come speciale protettrice della città, fissandone anche la data nella domenica successiva alla festa dell’Assunzione. Con lo stesso atto si disponeva che l’icona della Madonna doveva essere traslata ogni anno dal casale di Corsignano, ove era custodita, in città per essere posta alla venerazione pubblica, per ben tre giorni consecutivi, presso la Cattedrale.
Il documento del 1388, ancorché non originale, è l’unico che dà attestazione dell’inizio dei festeggiamenti cittadini, convenzionalmente fissati attorno alla terza domenica di agosto, essendo questo il periodo in cui la nostra gente, dedita completamente al lavoro dei campi, non era occupata ad agosto nell’attività agreste e, quindi, in quell’arco temporale poteva dedicarsi al riposo e ad onorare la sua protettrice. Un dato riscontrabile anche presso gli altri centri viciniori ove le feste religiose più importanti si celebrano, fuori dalla loro data in calendario, in tempi in cui nelle campagne non ci sono raccolti da fare o richieste di mano d’opera.
Ma perché la festa grande cittadina, decisa per il mese di agosto per le ragioni sopra accennate, fu dedicata in onore della Madonna di Corsignano?
Non è che Giovinazzo non avesse già un suo patrono ufficiale; era stata posta, infatti, sotto la tutela di San Tommaso Apostolo, la cui effige era stata impressionata, perfino, sull’insegne civiche, fin dalla fine del I Millennio, allorquando le fu riconosciuto il titolo di Civitas. L’apostolo incredulo, però, grazie e miracoli sembra non era solito farne. Quando grave e dannosa si presentava la siccità, abbastanza ricorrente in estate, e le tempeste violente mettevano a rischio la vita dei naviganti, i nostri avi erano indotti, piuttosto, a pregare in processione il dipinto della Vergine sottratto da una chiesa di Edessa, e che la leggenda, aggiunge, di essere stata lasciata presso il casato di Padula dai crociati che rientravano in fuga dalla Palestina intorno alla fine del XII sec.. E per sua intercessione, si narra, la pioggia puntualmente scendeva abbondante, tanto che le fu dato inizialmente il titolo di Madonna dell’Acqua.
La festa grande, dunque, anche a Giovinazzo, da celebrazione prettamente religiosa è divenuta lo snodo di tutta una serie di manifestazioni ed appuntamenti di varia natura, tanto di diretta emanazione del Comitato organizzatore che di altri organismi associativi che, secondo la loro vocazione, approfittando del concorso del Comitato medesimo, si cimentano a svolgere eventi, sagre e rappresentazioni di ogni genere. Sicché la festività, concepita per solennizzare la protettrice e renderle grazie per la protezione a favore del popolo, si propone, nel mese di agosto, come fattore preminente perché residenti, turisti e visitatori, anche occasionali, possano assaporare tutto quanto la città può offrire in termini di gastronomia, di spettacoli musicali, di appuntamenti artistici e di sfarzi pirotecnici, sempre a contorno della tradizione religiosa. Ed, infatti, è convinzione ormai diffusa che la festa patronale d’agosto deve essere, punto di incrocio tra sentimento religioso e attrazioni varie, espressione di tendenze diverse, richiamo di competizioni sportive in mare e a terra, tra vacanza culturale e ristoro emozionale di antichi riti. Insomma non deve mancare nulla! Tutto, purché sia svago e divertimento che rende al meglio l’anima e il corpo in questo periodo più o meno lungo di vacanza e di rinfranco dalla logorante quotidianità.
La festa patronale come appuntamento atteso e sospirato che oscilla tra il sacro e il profano, tra le tradizioni popolari e il misticismo e che deve soddisfare le aspettative, più o meno esigenti, di tutti coloro che sono alla ricerca della pausa vacanziera e che vogliono essere partecipi di tanti spettacoli emozionanti. In questa visione spettacolistica dell’evento estivo, così lontano da ogni ispirazione fideistica, la stessa antichissima processione della Madonna, che si dice centrale dell’intero contesto del cerimoniale, non cessa di impressionare per il suo scenario di pura influenza barocca in cui si articola, in tutte le sue componenti, completamente distante dalla dimensione esistenziale del nostro tempo. E’ solo raffigurazione di una devozione popolare ormai opacizzata che si esplicita ancora in una sorta di sfilata in costume che, quand’ancora, partecipata da una sempre più risicata schiera di fedeli che ne è al seguito, in coda assoluta, appare chiaramente in tutto il suo snodarsi come una riproduzione nostalgica. Perché a dominare la scena della odierna rappresentazione pubblica sono proprio i suoi protagonisti in abiti rituali con le loro prestigiose insegne, i personaggi in vista della politica locale e, ancora, le autorità civili e militari in grande tenuta. Tanti, per la circostanza, infatti, sentono con la loro presenza di dover dare animazione ad una dimensione spettacolare così diversa dalla originaria coralità partecipativa, in cui il popolo, in piena evidenza, accompagnando l’icona della Vergine per le vie cittadine, dichiarava in preghiera la testimonianza del suo credo con sincerità e passione.
Non tutto ciò che ci è stato tramandato dal passato può essere mantenuto in vita con richiamo alla tradizione, perché nell’attualità la processione per definirsi tale deve poter far risaltare il suo carattere comunitario della partecipazione di tutte le componenti religiose locali e deve essere aperta ad ogni credente che, con semplicità e nel suo intimo, accompagna la Madonna che va incontro a chi la invoca, per confermare il proprio sentimento di fede. Diversamente è solo presentazione appariscente che lascia trasparire in ogni sua proiezione il tratto di un folclore storico, un residuato archeologico non più espressivo del reale legame che deve unire la chiesa locale al popolo dei credenti.
In questo senso, avverto che l’agosto giovinazzese, finalizzato da secoli alla solennizzazione della Vergine di Corsignano sembra sempre più voler riprodurre i contorni caratteristici delle festività augustane ove l’aspirazione predominante era tesa a godere di spettacoli popolani allo scopo dello svago collettivo e della vacanza a tutti i costi. Sarà per questo che lo stesso Comitato o, come dir si voglia, l’Organizzazione dei festeggiamenti della Vergine di Corsignano, dovendo corrispondere a tali esigenti pretese della contemporaneità laica, informata ad una cultura al plurale, è costretto a escogitare formule complicate e non sempre lineari per reperire sostanziosi finanziamenti da destinare al pagamento dei costosi quanto spettacolari allestimenti e a coprire le spese di eventi di divertimento e manifestazioni canore di grande grido.
Mentre non v’è chi possa prendersi cura di riattualizzare l’apparato della manifestazione religiosa esterna, perché possa esprimersi in gesti, in segni e simboli che la rendano consapevole proiezione della cerimonia liturgica e degna di essere manifesta espressione di vera fede cristiana.
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