Quest’anno numeri da record per la tassa sui rifiuti, ma ancora una volta il calcolo delle tariffe è sbagliato.
Il 30 aprile il Consiglio Comunale ha deliberato l’approvazione del Piano Economico Finanziario e le nuove tariffe TARI. Un Piano Economico Finanziario incompleto che lascia aperti molti interrogativi. In quel Consiglio Comunale, tutta la parte politica legata all’amministrazione Depalma, anziché discutere dei contenuti del piano e delle nuove tariffe, ha realisticamente sottolineato i maggiori oneri per i contribuenti ma ha anche cercato di svincolarsi dalle responsabilità per gli aumenti tariffari. Depalma prima e Iannone in seguito, hanno ripetuto la loro completa certezza sulle responsabilità di gestione del ciclo dei rifiuti da attribuire, a loro dire, al governo regionale. Non una parola sul piano finanziario salvo la litania, ormai utilizzata in tutte le salse, sui maggiori costi dello smaltimento dovuto al ricorso delle discariche private. Depalma in questo modo cerca, sottintendendolo, di mettere in risalto la bontà della sua scelta di autorizzare il sopralzo dei lotti I, II e III di San Pietro Pago che avrebbe consentito minori spese per il Comune. La nostra analisi è leggermente diversa, e il fatto stesso che gli uffici regionali, dopo due anni e innumerevoli richieste di documentazione rivolte a Daneco, non abbiano sciolto tutti i dubbi sulla fondatezza tecnica di quel sopralzo, ci tranquillizza e ci rafforza nelle tesi da noi espresse. Lo stesso sequestro della Guardia Forestale che ha prospettato il “reale pericolo di dispersione sul suolo e nel sottosuolo di rifiuti liquidi costituiti presumibilmente da percolato” conferma tutti i dubbi evidenziati nei mesi scorsi. E’ vero. I costi per lo smaltimento sono aumentati per il ricorso a discariche più lontane e per la chiusura di San Pietro Pago. Per quanto riguarda le responsabilità del governo regionale potremmo condividere in parte. La giunta Vendola è solo colpevole di avere con la legge regionale 24 del 20/08/2012, nel rispetto delle prerogative assegnate alle regioni dal governo statale, assegnato ai Sindaci la gestione dei rifiuti urbani attraverso gli ATO e ARO. Sindaci, non sempre consapevoli dell’importante ruolo assegnatogli, soprattutto in tema di smaltimento. Rilassatezza rilevata anche dal nuovo governatore Emiliano che ha commissariato gli ATO nel tentativo di rendere più celeri le decisioni. Se a questo aggiungiamo i colpevoli ritardi nella costruzione del nuovo impianto di biostabilizzazione definitivo e annessa discarica di servizio e soccorso V lotto di San Pietro Pago, le responsabilità sono ancora più evidenti.
Depalma, dica in modo definitivo, se alla luce degli ultimi avvenimenti, ritiene di poter ancora sostenere il baratto tra il disastro ambientale e i “ trenta denari” delle royalties e del risparmio sullo smaltimento. Noi al riguardo non abbiamo dubbi. Scegliamo la salute e gli chiediamo di operare per la chiusura definitiva e la gestione post operativa.
Dopo questa breve ma necessaria premessa, esaminiamo il Piano Economico Finanziario. L’art. 1, comma 683, della L. 147/2013 assegna al Consiglio Comunale il compito di approvare il piano finanziario di gestione dei rifiuti redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso. Il piano redatto dal soggetto gestore deve però essere necessariamente integrato dal Comune nella parte concernente i costi sostenuti dallo stesso per il servizio di gestione dei rifiuti (costi amministrativi di accertamento, riscossione, ecc.). Stranamente nel piano economico finanziario del 2016 non compare alcuna sottoscrizione o certificazione che attesti la paternità del piano da parte del gestore. Nel corpo della delibera di approvazione è specificato che il Comune ha ricevuto i dati inseriti nel piano da Daneco e da CNS (il nuovo gestore del servizio) il 28/04/2016, appena due giorni prima del Consiglio Comunale. Nella delibera sono presenti anche alcune notizie sul nuovo servizio e i relativi costi, mentre la relazione di accompagnamento al piano è un copia e incolla di quella degli anni precedenti. Secondo l’art. 8 del DPR 1999 la relazione deve contenere i seguenti elementi: il modello gestionale e organizzativo, i livelli di qualità del servizio ai quali deve essere commisurata la tariffa, la ricognizione degli impianti esistenti e con riferimento al piano dell’anno precedente, l’indicazione degli scostamenti che si siano eventualmente verificati e le relative motivazioni. La relazione che accompagna il piano finanziario del Comune di Giovinazzo non esplicita nulla di tutto questo. Sono invece elencate una serie di norme che non chiariscono i contenuti del piano.
Perché nella redazione del piano è intervenuto anche il nuovo gestore? Come specificato nel punto 1, Allegato 1, del D.P.R. n. 158 del 1999, la determinazione delle tariffe avviene computando: i costi operativi di gestione (CG) e i costi comuni (CC) dell’anno precedente aggiornati in base al tasso programmato d’inflazione e i costi d’uso del capitale (CKn) dell’anno in corso. E’ ovvio che compete al nuovo gestore indicare i costi d’uso del capitale per i 6/12 dell’anno in corso. Il richiamo ci sembra pertinente per evidenziare la prima lacuna del piano. Nella tabella dei costi d’uso del capitale CK compare solo il totale di 207.475,21 euro senza alcuna specificazione in tabella. Non è stato chiarito se si tratta di ammortamenti, accantonamenti o remunerazione del capitale investito. Nel 2015 il totale CK è stato di 110.513,30 euro che rappresentavano l’ammortamento per gli impianti. Queste voci di costo sono previste dal d D.P.R. n. 158/1999 e devono seguire precise norme fiscali e del codice civile. La mancata esposizione in dettaglio non consente quell’attività di controllo dei cittadini amministrati, più volte ribadito dalle leggi sulla trasparenza. Inoltre non permette di conoscere i motivi dell’aumento di 96.991,91 euro. Ricordiamo che tale voce costituisce un costo dell’anno in corso, nel quale, per 07/12 interverrà il nuovo gestore. Insomma, ancora una volta il dispositivo contabile più rilevante per la tassazione comunale non contiene quegli elementi di trasparenza necessari per il pieno controllo dell’attività amministrativa. Il ritardo nella presentazione del piano, ammesso in Consiglio Comunale dagli organi di indirizzo e gestionali, non ha consentito ai consiglieri di maggioranza e opposizione il riscontro degli atti indispensabili all’ espletamento del proprio mandato.
Analizziamo adesso il Piano Tariffario della TARI 2016. Per una disamina odierna dobbiamo ripartire dallo scorso anno. Rammentiamo che furono necessari ben tre Consigli Comunali per approvare le tariffe e che il nostro giornale aveva evidenziato grossolani errori commessi nel calcolo delle stesse per la mancata applicazione dell’art 14 comma 4 del Regolamento Comunale per la disciplina della Tassa sui Rifiuti. La Giunta Depalma era stata costretta ad ammettere gli errori solo quando anche i tecnici del Ministero, come risposta a un parere richiesto dagli uffici comunali, avevano avvalorato la nostra tesi (Cfr.“inCittà” settembre 2015). Nel parere ministeriale veniva espressamente dichiarato: ” Vale la pena di fare presente che pure essendo scaduto il termine per l’approvazione del bilancio di previsione per l’anno 2015, una simile modifica regolamentare potrebbe intervenire solo a decorrere dall’anno d’imposta 2016. E pertanto l’intervento correttivo relativo all’anno in corso deve tenere conto di quanto previsto dall’Articolo 14 comma 4 del vigente regolamento comunale per la disciplina della TARI”. Era quanto da noi sostenuto ripetutamente da oltre due anni. Fu in quel Consiglio Comunale del 13/10/2015 che la stessa Assessora, dott.ssa Pansini, fu costretta a dichiarare che “Per quest’anno soltanto abbiamo dovuto adeguarci a quello che è il regolamento. Perché non potevamo fare altro. Ovviamente il nostro pensiero è poi quello di indicare quale sarebbe stata la strada futura ”. E quale fu la strada proposta per il futuro? Fu approvata una variazione al regolamento TARI che ovviamente sarebbe stata utilizzata dall’anno d’imposta 2016. Si modificò l’articolo 14 comma 4 in modo tale che ”nella modulazione della tariffa sono assicurate riduzioni per la raccolta differenziata riferibile alle utenze domestiche, di cui all’art 1, comma 658, della legge27/12/2013, n. 147 e all’art. 7, comma 1, del D.P.R. 27/04/1999, n.158, attraverso l’abbattimento della parte variabile della tariffa complessivamente imputata a tali utenze per una quota determinata annualmente dall’organo di indirizzo politico dell’ente in relazione ai risultati raggiunti in materia di conferimento a raccolta differenziata nell’anno precedente“. Dopo essere stati costretti ad applicare le norme del regolamento, da loro stessi approvato e disatteso, esprimevano la volontà di applicare la riduzione per la raccolta differenziata alle utenze domestiche, obbligatoria per legge, in una percentuale decisa dalla parte politica.
Quest’anno la parte politica, vale a dire l’Amministrazione Depalma, ha deciso legittimamente in maniera autonoma, di abbattere la parte variabile delle tariffe domestiche del 6,76% che equivale al 50% della percentuale globale di raccolta differenziata raggiunta nel 2015, che è stata del 13,53%. Fin qui nulla di strano e perfettamente in linea con il nuovo dettato regolamentare. Le incongruenze le riscontriamo nel calcolo della ripartizione dei costi della parte variabile per le utenze domestiche e non domestiche. Il totale dei costi variabili, proporzionali ai rifiuti conferiti e al servizio effettivamente fornito, è di € 2.400.090,15. La ripartizione dei costi è eseguita rispetto alla quantità di rifiuti prodotti e, per le utenze domestiche è di € 1.985.114,56, rispetto a € 414.975,59 delle utenze non domestiche o commerciali. Il nuovo articolo 14 comma 4 approvato lo scorso anno e con validità dall’anno d’imposta 2016 prevede che la parte variabile riferibile alle utenze domestiche sia diminuita della percentuale di 6,76% decisa dalla parte politica. Vale a dire il 6,76% di € 1.985.114,56 che equivale a € 134.193,75. Ne deriva che il costo complessivo da utilizzare per il calcolo della parte variabile delle tariffe domestiche dovrebbe essere di € 1.850.920,81 e per sottrazione, la parte non domestica di € 549.169,34. Invece nel piano finanziario TARI approvato il 30 aprile scorso, il calcolo della percentuale del 6,76% anziché sulla parte variabile riferita alle utenze domestiche è stato eseguito sul totale dei costi variabili. Infatti, in delibera è riportato come incentivo alla raccolta differenziata € 162.246,09 che equivale al 6,76% del totale dei costi variabili di € 2.400.090,15. La ripartizione dei costi erroneamente risulta di € 1.822.868,47 per le utenze domestiche e € 577.221,68 per le utenze non domestiche, con una differenza a favore delle utenze domestiche di € 28.057,34. Un errore macroscopico e facilmente individuabile che va a falsare il calcolo delle tariffe in maniera minima, ma essenziale per invalidarle.
Per il terzo anno consecutivo il calcolo delle tariffe non è corretto.
Non è la sola lacuna del piano tariffario 2016. Il calcolo delle tariffe deve essere eseguito secondo i criteri stabiliti dal DPR 158/1999 che impongono la copertura integrale dei costi del servizio attraverso gli introiti del tributo. Per raggiungere tale scopo il cosiddetto metodo normalizzato prevede l’equivalenza tra le entrate tariffarie e i seguenti parametri: costi di gestione e costi comuni dell’esercizio dell’anno precedente, inflazione programmata, costo d’uso del capitale e il recupero di produttività Xn dell’anno di riferimento. Sui costi d’uso del capitale CK abbiamo già espresso il nostro pensiero.
L’inflazione programmata non dipende dal Comune di Giovinazzo ma andrebbe perlomeno inserita nel piano tariffario, mentre il coefficiente di recupero di produttività Xn ha la funzione di evidenziare la capacita di accrescere ogni anno l’efficienza della gestione (coefficiente, quindi, che deve essere maggiore di zero). In considerazione del fatto che nel 2016 ci sarà un nuovo gestore, c’è l’auspicio di una maggiore efficienza ma, di questo coefficiente nella delibera e nel piano tariffario non c’è traccia. Altra colpevole mancanza è il totale delle riduzioni previste dal regolamento. Per assicurare l’integrale copertura dei costi, il minor gettito che ne deriva da tale operazione, suddiviso in quote fisse e variabili, deve essere inserito tra i costi del PEF. In altri termini, il minor introito di cui beneficiano determinate categorie di utenti determina di fatto un maggior costo da porre in capo a tutti gli utenti del servizio.
Nel piano Economico Finanziario e nel Piano Tariffario, non è dato conoscere l'entità di queste riduzioni. A dire il vero se si fanno delle prove di calcolo sul gettito previsto, si nota la diversità dei totali da quelli dichiarati nei piani, a dimostrazione che chi ha determinato le tariffe ha inserito tali somme nel calcolo. Se ne deduce che nella delibera di approvazione e nei piani allegati mancano i dati essenziali per consentire il controllo da parte dei cittadini e dell’opposizione. Un piano tariffario incompleto che non permette quell’essenziale forma di verifica che costituisce il concetto determinante per la democrazia e la legalità.
Ancora una volta, possiamo parlare compiutamente di errori ed... omissioni.
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