COME UNO SPAZIO PUBBLICO PUO’ DIVENIRE POSSESSO PRIVATO
A coloro che non riescono dalle immagini a cogliere il luogo e, precisamente il sito oggetto di questo mio esposto, preciso subito che trattasi di uno scorcio della facciata dell’antico palazzo nobiliare della famiglia Vernice su via Lecce, già strada di S. Angelo, nel grembo della città vecchia. Il varco sopra ripreso non è l’accesso all’edificio, infatti, è privo del numero civico, ma è il passaggio di una antichissima via medioevale che, per il primo tratto, è sottoposta al Palazzo dei Vernice, per poi biforcarsi su Vico Corsignano e Vico Concezione. Entrambe queste stradine intersecano Via Spirito Santo, appena superata piazza Costantinopoli in direzione verso levante. Per una fortunosa circostanza, anni addietro, ebbi tra le mani il rilievo di quel percorso viario, che, come è visibile dalla grafica sotto riprodotta, oltre a segnalare i due innesti di vico Corsignano e Vico Concezione, devia anche su Vico Saraceno che imbocca Via Cattedrale di fronte al Palazzo dei De Ritiis (oggi casa Marziani), anche questo, in fondo, chiuso da un cancelletto in ferro.
Oggi quelle viuzze in gran parte non sono più transitabili perché a ridosso degli anni ’50 del secolo scorso, allo scopo di prevenire il rischio di crolli di immobili fatiscenti, in completo abbandono, furono letteralmente chiuse con tamponamenti di muratura sotto l’archivolto di vico Corsignano e di Vico Concezione, come pure fu impedito l’accesso da Vico Saraceno all’area pericolante. Sul fronte di Via Lecce, invece, contestualmente al recupero conservativo degli immobili collegati al Palazzo dei Vernice, all’arco sottostante a quell’edificio, come indicato sopra, fu applicata una chiusura provvisoria costituita da materiale di risulta che per oltre cinquant’anni ha inibito il transito pubblico su tutto il percorso.
Più volte, proprio da questo giornale ho espresso serie preoccupazioni che, in assenza completa di una decisa azione di risanamento e recupero del patrimonio edilizio a ridosso di Vico Concezione e di Vico Corsignano, gli spazi pubblici ostruiti, come segnalato, potessero essere utilizzati a scopo privato. E tanto trovava riprova nel fatto che quella specie di portone a chiusura dell’arco cavalcavia del Palazzo dei Vernice su via Lecce, presentava applicato un chiavistello che poteva essere aperto all’occorrenza per l’accesso alla sede stradale ostruita per motivi di pubblica incolumità.
Non più tardi di gennaio scorso ho nuovamente ribadito la necessita di procedere alla riacquisizione alla rete stradale storica di quell’area urbana interessata dal crollo del caseggiato di Vico Concezione, ormai da lunghi anni interclusa a mezzo delle tamponature appena evidenziate sul versante di via Spirito Santo e con la chiusura dell’Arco del Palazzo dei Vernice mediante un portone rimediato. L’Avevo rimarcato a chiare lettere con il mio scritto dal titolo “La citta vecchia: Depalma ora dice di volere il recupero”. L’occasione mi era stata data appunto dalla decisione del Sindaco di voler procedere al recupero delle parti del centro storico, ancora, in stato di grave degrado, manifestata con la Delibera di Giunta n.189 del 24 dicembre 2015 con all’oggetto: “Infrastruttura Viaria del Centro storico: Atto di indirizzo”. E per la circostanza ho anche ricordato che lo stesso Depalma aveva adottato ben due Ordinanze, n.n. 6 e 19 del 2013, con cui aveva disposto la rimozione delle parti pericolanti del caseggiato di vico Concezione per poter risanare quell’area urbana e ripristinare la percorribilità stradale in quell’ambito urbano. Peraltro, mi ero pure spinto ad annotare che, per restituire decoro e rendere salubre quel sito, bisogna rimuovere il contrafforte in tufo, costruito sempre alla metà del secolo scorso, a sostegno dell’edificio dirimpetto all’imbocco di vico Concezione, che intralcia notevolmente la circolazione stradale lungo tutta la Via Spirito Santo.
Purtroppo, gli interventi ordinati dal Sindaco, nonostante fossero motivati con la formula della prevenzione dei temuti rischi in danno a persone e cose, non sono stati portati a termine, né alcuna autorità pubblica si è fatta carico di azionare provvedimenti coercitivi perché le Ordinanze sindacali avessero puntuale esecuzione.
Tutto, dunque, è rimasto come allora, insomma come oltre mezzo secolo fa, sottraendo al nucleo antico quel contesto urbano di epoca medioevale anche di grande interesse architettonico.
Invece, sul fronte opposto di via Lecce, la vecchia porta provvisoria incardinata all’archivolto del Palazzo dei Vernice, da qualche giorno, è stata sostituita con un nuovo impianto di chiusura a cancello, provvisto di regolare serratura. Alle due ante del cancello poi sono stati applicati due pannelli con l’evidente scopo di impedire la visibilità all’interno di quegli spazi che costituiscono a tutti gli effetti l’antico tracciato stradale in collegamento con Vico Corsignano e Vico Concezione ed ancora con Vico Saraceno per lo sbocco su via Cattedrale. Certamente la sostituzione di quella vecchia porta con un nuovo cancello metallico, completo di regolare serratura, presuppone un chiaro intendimento all’utilizzo di quel varco per accedere, all’occorrenza, all’area retrostante.
Ma chi ha posto in essere quel cancello? E a quale fine? Sarà stato il Comune che avrà voluto assicurarsi con una più resistente chiusura in ferro che non si possa accedere ad una zona ancora caratterizzata da situazione di pericolo? E allora perché il cancello in ferro è stato guarnito dei due pannelli ad ostruzione di quanto accade oltre il varco dell’Arco Palazzo dei Vernice?
Se non è stato il Comune a predisporre quel cancello sarà stato qualcun altro che l’ha fatto costruire e mettere in opera, senza meno con l’autorizzazione dell’Ufficio Comunale che gestisce la rete stradale urbana, considerato che trattasi di una chiusura di un varco stradale. Dunque, l’Ufficio Comunale competente saprà dare precise chiarificazioni al riguardo, magari indicando anche il provvedimento amministrativo con cui è stato autorizzato quel tipo di chiusura del varco stradale allo scopo di poterlo utilizzare, solo in determinate occasioni, da chi è consegnatario della chiave.
Mi chiedo -è qui che volevo arrivare- se lo stato dei luoghi, così come da decenni percepito dalla cognizione generale dei cittadini, lo si è voluto in qualche modo stabilizzare con la installazione di un cancello per una possibile accessibilità dal varco di via Lecce, abbia a giovare a qualcuno in particolare.
Può darsi: è possibile immaginarlo. Ma allora qual è l’ostacolo o l’intralcio che impedisce alla Amministrazione civica di riportare, come meglio può, all’originaria situazione quel contesto urbano, rendendo fruibile a tutti il transito su uno dei più storici tratti di rete stradale, ormai sconosciuto ai più?
Ripeto: dov’è l’ostacolo, considerato che tutte le Amministrazioni del passato come anche l’attuale non si sono peritate di ripristinare la fruizione di un intreccio di stradine che, per la loro stessa denominazione, ci rievocano la grande propensione religiosa delle nostre pregresse generazioni?. Mi torna, a giusta ragione, memorizzare in proposito la parola greca che noi traduciamo con «ostacolo» -skándalon- che, traslitterata nella nostra lingua, trascriviamo con il termine «scandalo»
Credo non vi sia modo più appropriato per impressionare quest’altra vicenda che svilisce non poco il copioso patrimonio storico di Giovinazzo.
E’ presentimento, purtroppo, che il mio grido d’allarme possa paragonarsi allo scampanellare notturno delle campane della Chiesa si San Giovanni Battista, suonate a lungo dalle monache benedettine di clausura per far accorrere la popolazione a vedere quanto stavano facendo gli uomini della famiglia Severo che chiudevano con un arco in pietra sbozzata il varco del vicolo al cui termine è l’ingresso del loro palazzo, già della famiglia dei Chiurlia. Con quella operazione il fondaco fu inglobato alla proprietà abitativa dei Severo e da quel dì il Vico “Le Monache” è scomparso dallo stradario cittadino.
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