Una inutile e costosa consulenza commissionata per la costruzione dello stabilimento di biostabilizzazione a regime.
Con il mio scritto pubblicato nell’ultimo numero di dicembre ho trattato ampliamente della sorte delle discariche presso il sito di S. Pietro Pago fornendo indicazioni sintetiche e riassuntive del dispositivo regionale n.29 del 2 novembre 2015 che ha rinnovato l’autorizzazione dell’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) alle lavorazioni di trattamento dei rifiuti, gestite dalla Daneco. In particolare ho sottolineato che quella Determina del Dirigente Regionale, competente per la materia, ha procrastinato, integrandola con tutta una serie di prescrizioni tecnico-operative, la DD. n.507 dell’ottobre del 2009 con cui si diede il via all’insediamento dello stabilimento provvisorio di biostabilizzazione meccanica con annessa discarica, il lotto n. 6 da ultimo messo in pista. Tuttavia l’aspetto di rilievo del recente provvedimento è la dichiarata esplicitazione che tutti i lotti della discarica, avendo subito ripetute sopraelevazioni oltre i limiti di abbancamento a suo tempo previsti, non possono essere ulteriormente utilizzati oltre i profili raggiunti. In altri termini è stato contraddetto il Sindaco Depalma che proprio un anno prima, il 6 novembre 2014, aveva ordinato la continuazione delle lavorazioni dei rifiuti per poi ammassarli in cima ai lotti 1, 2 e 3, i più antichi della discarica. Tra le altre prescrizioni e schede di modifiche strutturali dell’impianto in essere, il dispositivo presenta anche un cronoprogramma che fissa le fasi di edificazione dello stabilimento di biostabilizzazione, quello a regime, tempo addietro configurato tecnicamente dalla DD. provinciale n.31/2010, già oggetto del contratto n. 2313/2008, stipulato dal Comune con la Daneco per la sua costruzione e relativa gestione. L’inserimento di tale piano temporale relativo all’erigendo stabilimento a regime trova la sua ragione d’essere nel fatto che il Dirigente regionale nell’adottare il provvedimento di riattivazione del vecchio impianto, ha tenuto a precisare che la sua autorizzazione, pur presentando un termine di cinque anni di validità, ha un carattere del tutto temporaneo, fin tanto che non entri in funzione il nuovo stabilimento. Ma la domanda che ci facciamo è questa: Ci si arriverà a mettere mano al nuovo impianto? E se la riposta dovesse essere positiva, che tipo di impianto si andrà a costruire? In altre parole quale sistema di trattamento dei rifiuti si vuole introdurre a S. Pietro Pago?. Interrogativi chiaramente di non poco conto se si pensa che lo stabilimento appaltato e contrattualizzato con la Daneco prevedeva, secondo il progetto comprovato con la DD. provinciale n.31/2010, la produzione di RBM (rifiuto biostabilizzato maturo).
E tale ce l’aveva prospettato Natalicchio come impianto all’avanguardia, capace di chiudere il ciclo di smaltimento dei rifiuti urbani, perché il biostabilizzato maturo avrebbe avuto un qualche proficuo utilizzo industriale. Sta di fatto che le autorità regionali hanno modificato il Piano regionale di Gestione dei rifiuti che con l’ultima declinazione dell’ottobre 2013 ha escluso si possa trattare i rifiuti medesimi ricavandone RBM, non essendo tale materiale richiesto dal mercato. Tutto il programma di concepimento di uno stabilimento di trasformazione del rifiuto in biostabilizzato maturo è venuto, dunque, a decadere. Per cui alla Daneco, che aveva già tergiversato, adducendo motivazioni strumentali, a mettere mano alla costruzione, a più riprese, è stato chiesto di modificarne la progettazione per poter trasformare l’impianto in un complesso idoneo a produrre compost. Ma ci si è accorti subito che una tale ipotesi avrebbe stravolto completamente il progetto originario e, al tempo stesso, stravolto gli impegni contrattuali convenuti a seguito di un regolare bando di gara pubblica. Sono insorte diverse divergenze di vedute tra le autorità che presiedono alla direzione funzionale di questa materia, e tanto ha indotto l’ATO/BA, nell’ottobre del 2014, a ritornare all’iniziale progetto limitandone però la costruzione al solo comparto di selezione e pretrattamento del rifiuto per ottenere ancora un biostabilizzato da trasferire necessariamente in discarica (in gergo tecnico l’RBD). Insomma ci si è orientati su un intervento di variante progettuale che non assicura in alcun modo il ciclo completo di trattamento e di riciclaggio del rifiuto conferito, e che, anzi, richiede sempre disponibilità di discarica cui stoccare il materiale pretrattato. Pari decisione è stata conseguentemente assunta anche dalla Giunta comunale con delibera del 13 novembre 2014. Su circostanziata relazione dell’Assessore Sannicandro, condivisa dalla Giunta, infatti, Depalma ebbe a formulare le linee di indirizzo cui si sarebbero dovuto attenere il Dirigente Comunale dell’Ambiente e lo stesso Responsabile del Procedimento (RUP), in vista delle quali avrebbero dovuto adoperarsi a che la concessionaria Daneco, in base al contratto 2313/2008, desse corso al progetto appaltato costruendo la struttura in modo parziale, priva cioè della sezione di produzione dell’RBM. E, inoltre, per consentire al RUP di mettere in atto tale proposito, il subentrante Dirigente del 3° Settore Ambiente, l’ing. Trematore, provvedeva con un proprio provvedimento a commissionare una articolata consulenza tecnico-legale all’ing. Filippo Pavone e all’Avv. Giuseppe Barile allo scopo di supportare il funzionario comunale nella sua opera di ottemperanza alla volontà della Giunta comunale. L’oggetto della determina datata 10 febbraio 2015, con cui si perveniva all’affidamento dell’incarico di consulenza, è appunto così esplicitato: “definire la riattivazione di tutte le procedure connesse all’appalto in Concessione affidato alla società Daneco spa per la realizzazione dell’impianto complesso di titolarità pubblica di biostabilizzazione e selezione con annessa discarica di servizio e soccorso”. La consulenza a sostegno del RUP al fine di indurre la Daneco ad adempiere al contratto ha la durata temporale di un anno ed ha un costo complessivo di € 20.000, finanziamento messo a disposizione del Comune da parte della stessa ATO/BA. Il periodo di consulenza di un anno si sta ormai esaurendo né si hanno previsioni circa l’attivazione del cantiere da parte della Daneco per mettere mano alla struttura. Francamente trovo difficile immaginare che tipo di prescrizioni od espedienti legali gli esperti consulenti avrebbero potuto suggerire al RUP per costringere la Daneco a dare attuazione al contratto con varianti tecniche ed operative altre da quelle del progetto iniziale oggetto del bando di gara e del successivo contratto di appalto. La Daneco avrà, senza meno, a disposizione elementi di una certa ragionevolezza per sfuggire a responsabilità di inadempienza contrattuale ed non le mancheranno certo causalità, più o meno esplicite, per rivalersi nei confronti della Amministrazione di eventuali danni insorgenti da questa vicenda tanto contorta.
Tanto ci induce a pensare che questa questione ha imboccato un vicolo cieco e pare improbabile si possa venirne a capo se non si trovi una soluzione compromissoria che eviti controversie legali dai tempi infiniti. E così un progetto pensato alla grande è finito miseramente. E’ mia personale convinzione che quell’ impianto non vedrà mai la luce, mancando concreti interessi alla sua realizzazione, visto che le stesse lavorazioni della struttura da costruire possono essere svolte dall’impianto provvisorio sia pure con adattamenti e adeguamenti strutturali di una certa consistenza. Ancora una volta non possiamo che tratteggiare il pressapochismo di chi ci governa che non ha saputo pianificare un adeguato sistema di riciclaggio dei rifiuti urbani e venire fuori da uno stato di emergenza che da anni affligge il nostro territorio, tant’è che si è ancora in più località alla ricerca di siti da destinare a discariche. Anche per il caso in contesto fa specie rilevale come i provvedimenti che si adottano spesso non tengono conto della fattibilità concreta delle scelte che si propugnano. Lo stesso nostro sindaco Depalma con la sua Giunta nell’ottobre del 2014 indirizzava il suo management ad addivenire secondo le decisioni dell’ATO/BA alla costruzione parziale dell’impianto a regime privandolo del comparto per la produzione dell’RBM, mentre in una seduta, nell’ottobre scorso, dell’ARO/BA.2 ha convenuto con gli altri Sindaci comprensoriali di inoltrare agli Organismi regionali una nota di intenti con la quale si auspica una possibile riconversione dell’originario progetto di S. Pigo Pago come impianto di compostaggio.
Insomma il Comune di Giovinazzo titolare del sito di S. Pietro Pago che tipo di impianto vuole che si realizzi?
Foto di Nicola Marinelli
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