Quest’anno la deprecata tassa sui rifiuti, il cui gettito complessivo, per legge, deve coprire l’intero costo del servizio di spazzatura e di raccolta urbana, si è fatta sentire più del solito, attesi gli aumenti che sono intervenuti, si dice, a motivo della chiusura della discarica. Da un calcolo approssimativo, basato sulle indicazioni dei costi di esercizio di circa € 4.600.000,00, come da piano finanziario per il corrente anno, cui alla delibera del Consiglio Comunale n. 24/2016, l’onere pro capite si aggirerebbe intorno a 230/240 Euro, considerando anche le spese aggiuntive che il Comune incontra per prestazioni straordinarie ed accessorie in occasione di certi eventi. Da qualche mese alla Daneco è subentrato il nuovo gestore, come associazione d’imprese, che si è aggiudicata l’appalto per tutti i Comuni facenti parte dell’ARO BA/2. Francamente ci si sarebbe aspettato un immediato segnale positivo di rinnovamento con più efficienti prestazioni che ai cittadini è stato promesso sarebbero arrivate da subito. Si avrà modo tra qualche mese di poter constatare se realisticamente la nuova conduzione avrà generato una più efficiente impostazione delle operazioni di raccolta e di ritiro dei rifiuti mettendo fine alle incivili pratiche di abbandono di indifferenziato e di materiali anche ingombranti fuori dagli appositi contenitori, a cominciare proprio presso gli spazi adiacenti agli esercizi commerciali. Non è questo, comunque, il punto che mi premeva focalizzare quanto, piuttosto, annotare che, nonostante i tanti interventi concepiti riguardo alla “governance” e all’organizzazione operativa del trattamento dei rifiuti urbani in tutta la Puglia si registra ancora una grave emergenza per non essere riusciti in tanti anni a introdurre un sistema generalizzato per una gestione ottimale del ciclo dei rifiuti. Prova ne è proprio la situazione di Giovinazzo. Eppure, voleva essere questo l’obiettivo del governatore Vendola, che mediante la L.R. n.24/2012, puntava a conseguire il risultato di -zero rifiuti- o giù di lì e, comunque, al reimpiego dei prodotti trasformati dopo il trattamento dei materiali di provenienza urbana. Di fatto, ed è una indiscussa realtà, il sistema, tuttora, praticato nella Regione privilegia particolarmente l’incenerimento per la produzione di combustibile da rifiuti e lo smaltimento in discarica, anziché forzare incisivamente in direzione di una più accentuata differenziata e ed al recupero della materia, senza, comunque, trascurare una possibile riduzione della produzione del rifiuto.
Dunque, sarebbe una utopia il tendere a “rifiuti zero”?
A noi, sin dai primi anni del 2000, ce l’avevano assicurata a portata di mano questa proposizione attuativa e ci avevano pure convinto che, a Giovinazzo, avremmo potuto conseguire un tale risultato a tutto vantaggio dell’abbattimento degli oneri economici del servizio di raccolta e di igiene cittadina. E veniva anche sostenuto che si sarebbero potute preservare meglio le condizioni ambientali attraverso una evoluzione sostenibile e virtuosa della infrastrutturazione che ci si apprestava ad impiantare sul nostro territorio. Era stato, infatti, concesso un sostanzioso contributo economico sui fondi Por Puglia 2007-2013 per la realizzazione di un Centro di Raccolta Rifiuti (CCR) allo scopo di riuscire a raggiungere livelli di intercettazione pro capite dei riciclabili, soprattutto di materiali ingombranti e pericolosi non altrimenti conferibili in circuiti domiciliari. Una struttura del genere, ci veniva detto, avrebbe permesso di raggiungere apprezzabili percentuali di riciclo con costi di raccolta contenuti, specie se il CCR fosse stato concepito anche come punto di scambio per il travaso in container dai mezzi leggeri di raccolta porta a porta. Contestualmente chi ha governato in quegli anni d’inizio millennio ha dato pure ad intendere che con l’insediamento di un efficiente impianto di trattamento rifiuti in loco avremmo potuto godere di sensibili risparmi sulle tariffe pagate per la raccolta rifiuti, oltre che conseguire un sostanzioso guadagno economico per le casse comunali. E con queste prospettive, si addivenne, appunto, ad autorizzare e poi appaltare la costruzione, su terreni agricoli confinanti con le cave di San Pietro Pago, uno stabilimento a regime per il trattamento e la produzione di RBM (rifiuto biostabilizzato maturo) da riutilizzare come materiale nelle attività dell’edilizia. Contestualmente, però, in attesa che quell’impianto fosse edificato e posto in funzione, fu deciso di poter continuare a smaltire rifiuti sul sito di San Pietro Pago creando un’altra grossa area di abbancamento, il VI lotto della discarica, previo trattamento dei rifiuti, che venivano conferiti da tutti i Comuni della Provincia, mediante un impianto provvisorio di biostabilizzazione meccanica. Tuttavia, questo sistema di trattamento che doveva essere eccezionale e temporaneo fin tanto che non fosse entrato in funzione il nuovo impianto si è procrastinato nel tempo, a tutto il 2014, mediante autorizzazioni speciali che consentivano di volta in volta il sopralzo dei livelli prestabiliti di tutti i lotti di discarica, compreso l’ultimo. Un concerto di provvedimenti di natura giudiziaria ed amministrativa, poi, hanno bloccato nel 2015 quel tipo di esercizio di smaltimento, in assenza di possibili altri spazi ove abbancare i rifiuti pretrattati.
Nulla, invece, si è fatto per mettere in moto la costruzione dell’impianto a regime, dal costo di oltre 40 milioni di Euro, e che costituiva la ragione di fondo per cui fu disposto l’ampiamento del sito di San Pietro Pago.
Quella prospettiva di dotare il nostro territorio comunale di una funzionale infrastrutturazione che avrebbe consentito un basso costo della gestione dei rifiuti e di conseguenza un forte abbattimento della tariffazione imposta ai cittadini, oggi veramente esorbitante, è rimasta solo un sogno?.
O meglio, direi che è stata una sorta di inganno per il cittadino, visto che, a distanza di tanto tempo, nulla di quanto lasciato intravvedere con i vari provvedimenti è stato realizzato?.
- Non si è costruito il Centro Raccolta Rifiuti locale, né è certa una prossima sua realizzazione. Anzi le voci, che provengono dal Palazzo, ci dicono che quell’impianto avrebbe un costo di gestione molto elevato che è meglio non averlo, considerato che l’esigenza di ritiro di materiali ingombranti verrebbe egregiamente soddisfatta mediante il circuito ordinario domiciliare che è alla base del nuovo servizio.
- Non si è, neppure, ritenuto di dare corso alla costruzione dell’impianto a regime di biostabilizzazione con annessa discarica di soccorso V lotto dal momento che l’ATO/BA (Ambito Territoriale Ottimale), preposto in virtù della L.R. 24/2012 alla direzione gestionale del ciclo dei rifiuti nell’ambito dell’intera provincia, ha ritenuto che quel tipo di sistema di produzione del RBM, non rientrasse più nella strategia prefigurata dal piano di riciclo dei rifiuti approvato dal governatore Vendola.
E non è finita qui!
Divenuto governatore Michele Emiliano ha subito bollato quel piano dei rifiuti, varato meno di quattro anni fa da Vendola, come un sistema che non ha funzionato, in particolar modo per l’inadeguatezza degli organismi di governo territoriale (OGA –Organismo di Governo Ottimale- e ATO) che non hanno saputo affrontare le difficoltà organizzative ed operative dell’intero ciclo rifiuti mettendo fine alle condizioni emergenziali da tempo avvertite. E così ha concepito un diverso modello gestionale dei rifiuti, sulla falsa riga di quello attuato presso la Regione Emilia-Romagna. E’ stato elaborato, appunto, il disegno di legge n.128 del 14.07.2016, a modifica della L.R. 24/2012, che ha avuto l’approvazione da parte dell’Assemblea regionale pugliese, il 1° agosto scorso. In pratica Emiliano con la sua legge dal titolo “Disposizioni in materia di ciclo dei rifiuti. Modifica della legge 24/2012 – Rafforzamento delle pubbliche funzioni nell’organizzazione e nel governo dei servizi locali”, ha deciso di rivedere la perimetrazione dell’Ambito Territoriale Ottimale facendolo coincidere con l’intero territorio regionale. Conseguentemente ha creato una Agenzia Regionale come organo di governo, al posto dei sei ATO provinciali, con il compito sostanziale di attuare il piano regionale rifiuti, puntando sempre a raggiungere la chiusura del ciclo che gli ATO hanno dimostrato di non essere riusciti a conseguire. In altri termini il nuovo testo legislativo individua un solo Ambito Territoriale Ottimale, costituito dalla Agenzia Regionale per la Puglia con personalità giuridica di diritto pubblico ed autonomia tecnico-giuridica e contabile. In capo a questo soggetto, da organizzare secondo i criteri di cui all’art. 10 della legge, appena varata, viene a concentrarsi l’intera funzione di impostare e concretizzare il servizio di gestione rifiuti su tutta la Regione e, quindi, la potestà di disporre l’affidamento della realizzazione e della gestione degli impianti e la disciplina dei flussi indifferenziati da avviare a smaltimento, a recupero e riciclaggio. Sempre all’Agenzia è affidato il compito di determinare le tariffe per l’erogazione dei servizi da condividere con gli Enti Locali. L’organizzazione della raccolta e dei servizi di igiene cittadina, invece, viene lasciata all’esclusiva competenza dei raggruppamenti dei Comuni, per intenderci gli attuali ARO.
La novità riorganizzativa della “governance” introdotta da Emiliano non è di poco conto perché concentra ogni decisione sugli impianti di trattamento e smaltimento dei rifiuti e loro esercizio in capo alla Agenzia unica che, in attesa di essere costituita organicamente, sarà diretta da un Commissario di nomina del Governatore. E così con un sol colpo si tolgono di mezzo gli ATO provinciali costituiti prevalentemente dai Sindaci dei Comuni della stessa Provincia.
E allora subito ci viene da chiedere cosa ne sarà del sito di San Pietro Pago? Quello stabilimento a regime impostato per la produzione di RBM mediante il sistema di trattamento di biostabilizzazione potrà avere un futuro? Potrà essere costruito uno stabilimento con altra tipologia di trattamento dei rifiuti urbani oppure sarà completamente abbandonato, considerato che non è stato edificato? Ed ancora chi dovrà provvedere a bonificare tutto il sito di San Pietro Pago che necessita non solo della copertura terminale di tutti i lotti ma anche di una importante attività di post-esercizio? E’ bene ricordare, al riguardo, che i costi di tali operazioni per il post esercizio dell’intero complesso di San Pietro Pago erano state comprese nel contratto di appalto stipulato con la Daneco, concessionaria dell’impianto a regime, con i cui ricavi del servizio erogato avrebbe provveduto a gestire tutte le attività di controllo e di recupero energetico delle discariche ormai non più attive.
Ora che il Sindaco non ha più voce in capitolo, per essere decaduto dall’incarico di componente dell’ATO/BA, non sarebbe opportuno che il Comune, come comunità, si faccia interprete da subito presso il Commissario dell’Agenzia Regionale per definire il destino di tutta l’area di San Pietro Pago? I provvedimenti assunti, in tempi passati, dal Consiglio Comunale per l’approvazione degli impianti di smaltimento di rifiuti hanno trasformato ettari di terreno agricolo in suoli destinati a infrastrutturazione per la gestione rifiuti.
Spetta, dunque, al Consiglio Comunale assumere un ruolo propositivo per definire la utilizzazione delle aree espropriate ormai incluse nel perimetro del sito, considerando pure che l’intero complesso è di proprietà comunale.
Non ci si può permettere che si continui a subire decisioni prese da altri organismi con gli esiti disastrosi che sono sotto i nostri occhi.
Commenti