Il Vescovo Mons. Cornacchia ha celebrato la festa del nostro Patrono.
Mentre imperversa la diatriba tra il Presidente della Festa Patronale e la Presidente della Pro Loco intorno all’annunciata disdetta a svolgere il Corteo Storico, tanto da chiamare in causa anche l’Amministrazione Civica che, tramite l’Assessore Paladino, ha chiamato a dibattere l’argomento la Consulta cittadina della Cultura, è intervenuta la festività liturgica di San Tommaso, celebrata solennemente domenica 3 luglio nella ex Cattedrale.
L’Apostolo Tommaso cui è legata la nostra cittadina che riporta, perfino, sulle insegne civiche la sua effige, non è che ha mai avuto grandi festeggiamenti, perché da sempre sono stati indirizzati, in massima parte alla Vergine di Corsignano anche con frequenti contrasti organizzativi come quelli cui stiamo assistendo quest’anno. Peraltro, non conosciamo, neppure, come e perché i nostri antenati lo vollero Patrono della città sin da quando questa ebbe il riconoscimento di CIVITAS, all’incirca verso la fine del primo millennio.
Al riguardo consiglierei i lettori a consultare il quadro espositivo pubblicato in Città al numero di agosto del 2008 https://issuu.com/incittagiovinazzo/docs/2008-08 , comunque qui riportato, per cogliere notizie più dettagliate su quanto poco riguardo ha da noi avuto Tommaso, detto Didimo, che il Vangelo di Giovanni dipinge come l’Apostolo incredulo.
Nel dare il titolo a questo scritto del 2008-“DIDIMO NON SE NE DUOLE ! O FORSE SI ..?”- avevo a considerazione anche il fatto che alla celebrazione liturgica del Santo, almeno da quando la Chiesa ha fissato la festa il 3 luglio, al posto del 21 dicembre, non ricordo sia mai intervenuto l’Ordinario della Diocesi. A presiedere la cerimonia, infatti, veniva il Vicario diocesano che con il collegio presbiteriale locale celebrava l’Eucarestia alla presenza delle Autorità civili e militari e delle comunità religiose cittadine. Quest’anno, invece, il Vescovo Mons. Cornacchia ha voluto essere vicino alla città volendo di persona solennizzare la festività e non certo perché la ricorrenza è capitata di domenica. Non si può, dunque, non dare atto al nuovo Vescovo di aver invertito una tendenza che certamente non ci esaltava ma, altresì, perché ha voluto offrirci personalmente la lettura della Parola evangelica mettendo in luce il dono della fede che i credenti sono chiamati a nutrire quotidianamente. In un contesto sociale sempre più secolarizzato, dove la fede, anche quando c’è, diventa sempre più soggettiva ed evanescente e a latitare è il Dio con la maiuscola, la voce del Pastore non solo è un sollievo a perseverare nella nostra tradizione religiosa ma è, pure, un incitamento a non cedere al luogo comune sulla superficialità e sull’apatia morale che rifiuta la primazia del credere. E la nostra religione è mistero e fiducia, ecco per questo la figura dell’Apostolo con la sua proclamazione della fede pasquale “Mio Signore e mio e Dio” traccia la nostra esperienza testimoniale di comunione con Cristo.
Ma la presenza attiva del Vescovo Mons. Cornacchia a dar vita alla solennizzazione del Santo Patrono Tommaso è, oltremodo, significativa per aver dato con la sua azione celebrativa il senso reale della festa patronale come partecipazione interiore alla fraternità dei figli di Dio, la sola che può promuovere la comunione fraterna in un mondo segnato dall’individualismo, dall’odio e dalla divisione. Ha voluto significare che la festa religiosa del Patrono è celebrazione dell'uomo interiore è, fondamentalmente, manifestazione di un linguaggio dello spirito al di là di tante manifestazioni esteriori e spettacoli di ogni genere che di fatto non producono alcuna ricarica interiore.
Di tutto questo non si può non essere grati al nuovo Vescovo che nella sua visione pastorale ha voluto dare risalto al nostro Patrono ma anche sollecitare noi tutti a saper vivere la fede cristiana in semplicità e fedeltà ai valori cristiani.
DIDIMO NON SE NE DUOLE ! O FORSE SI ..?
Didimo, che traduce in greco (Dìdumos) il termine aramaico Tòma –gemello-, è il nome attribuito da quelli che erano al seguito di Gesù a Tommaso, uno dei “Dodici”, l’apostolo incredulo, quello che volle mettere il dito nelle piaghe e nel costato di Cristo per avere la certezza del Crocefisso Risorto. E quel Tommaso è da sempre il patrono di Giovinazzo, sin da quando la nostra comunità assunse il titolo di “CIVITAS” al volgere del primo millennio. Ma perché Didimo e non altri fu prescelto a protezione della città? Purtroppo, non c’è risposta a questo interrogativo; un fatto è intuibile, ci sarà stato senz’altro uno straordinario evento collegato a Didimo per volerlo legare per sempre alla città. Prova ne è che si volle imprimere perfino nel sigillo e sulle armi e insegne civiche la effige dell’Apostolo nell’atto di reggere nella mano sinistra un compasso e nella destra una palma.
Un privilegio poi del 1461, concesso da Ferrante I d’Aragona, Re di Napoli (1458-1494), in segno di grande riconoscenza per la lealtà e fedeltà mostrategli dalla città nel contrastare le pretese dei principi angioini sul regno, riconobbe il diritto di esporre sulle insegne stesse e sullo stemma civico la corona aurea, sostituendo, altresì, nella mano destra del patrono una corona al posto della palma.
Ma quanta poca considerazione ha avuto presso la popolazione e le stesse istituzioni locali anche ecclesiastiche il nostro protettore Tommaso! Quanto, ancor più oggi, si è distanti dall’ardore devozionale che indusse i progenitori, agli albori della conversione al Cristianesimo, ad eleggerlo padre tutelare e loro intercessore presso l’Altissimo.
La Chiesa universale, prima della Riforma del Concilio, lo onorava il 21 dicembre, giorno del suo martirio (XII° giorno prima delle calende di gennaio dell’anno 72 d.C.) avvenuto a Calamina, località di difficile individuazione in India, regione dell’estremo oriente raggiunta dall’Apostolo per evangelizzare i suoi abitanti, chiamati, anche di recente, “cristiani di San Tommaso”. Il nuovo calendario liturgico ne ha spostato la celebrazione al 3 luglio, a memoria della traslazione del suo corpo nell’anno 230, secondo la tradizione cristiana, presso la città di Edessa dopo che l’imperatore romano Alessandro Severo conquistò la Persia sconfiggendo Serse re dei Persiani.
Nella circostanza della festa liturgica, Giovinazzo ricorda il suo protettore con una Messa alla presenza degli amministratori pubblici; unico segno di riguardo al Santo suo patrono. Per la verità ogni tentativo in passato, non ultimo quello degli inizi dello scorso secolo, per darne maggiore solennizzazione, non ha sortito alcun esito.
Ma Tommaso, certo, non se ne duole se i suoi patrocinati non gli hanno mai tributato speciale riconoscenza pur avendo invocato il suo ausilio sin dai tempi della iniziazione al nuovo credo, né tanto meno per il fatto che non gli riservano sfarzosi festeggiamenti con luminarie, concerti musicali e spettacoli di ogni genere, e fuochi d’artificio.
Non sarà neppure dispiaciuto se, dopo l’abbattimento della Chiesa a lui dedicata, non gli sia stata mai intitolata, nella qualità di Patrono della città, una via, un edificio o una qualche struttura di interesse cittadino, fatta eccezione del cessato Ente morale “S. Tommaso”, nobile iniziativa intesa ad impartire la prima educazione infantile pubblica.
Credo però che si senta offeso per i comportamenti individuali o collettivi poco edificanti sul piano della pubblica e privata moralità o per ogni sorta di azione non consona al suo rigore di fede e al suo impegno nella promozione dei valori dell’incontro culturale e spirituale delle genti.
E forse, sarà pure risentito per il fatto che siano andate perdute a Giovinazzo le sue reliquie, segnalate a più riprese da diversi autori di storia patria. Motivo per cui ci si è accordati per acquisirne altra dalla città di Ortona, ove, secondo un atto pergamenaceo del 22 settembre del 1259, trascritto a Bari dal notaio Nicola alla presenza del giudice ai contratti Giovanni Pavone, i resti dell’Apostolo sarebbero giunti il 6 settembre 1258, dopo essere stati trafugati dall’isola di Chio (Kios) nel mare Egeo, da un comando di ortonesi capeggiati dal navarco Leone, assoldato da Manfredi, Principe di Taranto, nella guerra per il dominio nel Mediterraneo tra la Repubblica di Venezia e quella di Genova.
Un racconto, tratto da un documento non comprovato, per l’appunto, ci da indicazioni del trasferimento del sepolcro del Santo da Edessa all’isola greca di Kios. Il quadro storico di quel periodo fa luce sulla grande invasione musulmana nel medio oriente a danno dell’impero di Bisanzio, le cui continue incursioni portarono alla capitolazione di Edessa nel 1144 e, con il suo saccheggio, alla fuga dei cristiani e alla cacciata dei crociati. In conseguenza di tali sanguinose vicende anche le spoglie di Tommaso sarebbero state messe in salvo e trasportate con riverenza all’isola di Kios, nella parte più occidentale dei territori bizantini, per sottrarle a sicura profanazione. Qui il punto di allaccio delle gesta degli ortonesi che, similmente ad altre storie di trafugamento di venerate spoglie di santi della Cristianità antica, a bordo di tre galee approdate nel 1258 a Kios, dopo la vittoria di Venezia su Genova per il controllo dei traffici marittimi nell’Egeo, la depredarono e si impossessarono delle sacre ossa con tutta la pietra tombale per portarle ad Ortona.
E, dunque, nell’attualità, stando a quanto annunciato in questi giorni dalle locali autorità civili e religiose, nell’ambito dei Festeggiamenti predisposti dalla Città di Ortona per il 750° anniversario dell’arrivo del corpo di Tommaso in quella città che lo vanta anch’essa suo Patrono, Giovinazzo sarà beneficiata, il prossimo 10 agosto, di un frammento di reliquia da consegnarsi direttamente dai rappresentanti istituzionali della località abruzzese.
La domanda qui è d’obbligo: Le Reliquie di Tommaso presenti da tempo immemorabile a Giovinazzo dove sono finite? Non c’è risposta alcuna.
Sull’argomento noi non possediamo carte o documenti che ne attestano o certificano legalmente il possesso di reliquie del nostro Patrono, ma più di uno storico locale ci dà conferme di notizie in tal senso, per cui non dovremmo dubitare della loro esistenza in passato, a meno che non si riducano dette fonti a semplici ipotesi.
Ce ne parla lo storico Filippo Roscini che nel suo saggio “Giovinazzo e i suoi Casali”, alla nota 5 di pag. 58, riferisce che con la consacrazione della Chiesa di Sant’Eustachio (Santo Staso) presso il casale Padule, costituito da abitanti provenienti dai territori dell’impero bizantino, nel 1096 il Vescovo di Giovinazzo Pietro II ebbe a deporre sotto l’altare maggiore diverse reliquie di Santi tra le quali anche un dito di Tommaso l’apostolo e che, a seguito delle continue scorribande saracene nelle nostre contrade, il vescovo Giovanni II nel 1282 fece trasferire nella nuova Cattedrale tutte le reliquie conservate a Sant’Eustachio e scampate alla profanazioni islamica. L’autore, ancora nello stesso testo a pag. 65, ci informa che presso l’archivio capitolare sarebbe custodita una pergamena che fa menzione della costruzione nel 1393 sotto l’altare maggiore della Cattedrale “di una Cappella dedicata a San Tommaso fra le cappelle di Santa Caterina verso la sacrestia e di Santo Stefano in direzione opposta”. Notizia questa che lascia presumere che in quell’ambito fossero venerate le reliquie del Patrono.
Anche il can. Luigi Marziani nel suo saggio storico “Istorie della città di Giovinazzo” a pag. 72 parla della Chiesa di San Tommaso apostolo, come una delle prime della cristianità sul territorio cittadino insieme a quelle di S. Pietro, S. Felice, S. Salvatore e Santa Maria. L’edificio sacro costruito sul sito ove oggi è posto l’ingresso alla Scuola “Aldo Moro”, adiacente alla chiesa di Sant’Agostino, esponeva a venerazione le reliquie di San Tommaso. Al riguardo lo storico da notizia della devastazione della chiesa nella prima metà del ‘500 ad opera del principe Caracciolo e che nella circostanza le reliquie del Santo furono trasferite in Cattedrale.
Dunque, in assenza di altro segno di reale presenza tra noi del Patrono, accettiamo pure con profonda gratitudine il dono che la città di Ortona ci offre, che, spero, possa trovare ostensione significativa nella Chiesa concattedrale; Questo gesto, però, sia pure motivo speciale per avvertire in mezzo a noi la sua figura di testimone dei valori della fede e stimolo ad aderire alle sue virtù per meritare di professarci suoi protetti.
Ed infatti, su altro versante, noi non possiamo certo vantarci di onorare la sua eccelsa fama di costruttore e progettista, ragione indiscussa per cui Tommaso è preteso protettore delle professioni di architetto ed ingegnere nella sua appropriata raffigurazione iconografica con nelle mani squadre e compassi.
Basti guardare il recente sviluppo edificatorio della città con incrementi insediativi spesso senza una chiara logica urbanistica, con strade dal tracciato, il più delle volte, non rettilineo ed inadeguate alle intensità del traffico moderno e con le costruzioni dalle linee architettoniche omologate ed in molti casi anche difformi dagli indirizzi degli strumenti di pianificazione. Immagine di una città che si sviluppa sotto pressioni speculative in una realtà sociale ove solo l’edilizia assurge a fattore di produzione per l’inconsistenza di qualsiasi altra fonte di sviluppo economico.
Infine, concludendo, perché la cerimonia del prossimo 10 agosto non piombi subito nell’oblio dimenticando anche le manifestazioni di vanto che si avranno ad esprimersi nella circostanza per la esaltazione dell’azione di protezione che Tommaso, spero, non ci farà mai mancare specie contro le discordie, gli odi, le bassezze di ogni tipo personali e sociali che ci tormentano, il recupero di un reperto correlato a Tommaso e alla storia di Giovinazzo sarebbe oltremodo auspicabile.
Alla facciata nord del bastione delle antiche mura di Giovinazzo, nella parte sottostante la vedetta, è incastonata una grande lastra in pietra con in rilievo lo stemma cittadino con la raffigurazione di San Tommaso. Lo stato di conservazione naturalmente non è buono perché la pietra è fortemente erosa, ma la figura di San Tommaso aureolato entro uno scudo con cornice aggettante è del tutto evidente come evincesi dalla foto allegata. E’ questo il reperto più antico delle insegne della nostra città e, per quanto si ricava dalle “Istorie della città di Giovinazzo” , scritte da Ludovico Paglia, sarebbe stato ivi allocato nel 1488 in occasione del rifacimento delle mura, abbattute in più punti dai ripetuti assalti del Principe di Taranto e fermamente deciso ancora da Ferrante I d’Aragone, il Re di Napoli che con il beneficio del 1461 ornò le insegne di corona aurea. La lastra se recuperata, sempre con la sostituzione di un calco a riproduzione, potrà essere consegnata alla Pro Loco per essere esposta nella propria area museale e quindi salvata da sicuro completo degrado.
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