Da tempo immemorabile anche a Giovinazzo è molto sentita la devozione per S. Biagio, vescovo di Sebaste in Cappadocia, e martirizzato per decapitazione, durante le persecuzioni romane, all’incirca verso il 316 d.C., tre anni dopo l’Editto di Costantino che, nel 313 d.C., concesse la libertà di culto ai Cristiani. Il suo martirio, infatti, viene motivato dagli storici con una persecuzione locale ancora protratta in Armenia a causa dell’insanabile dissidio tra Costantino, imperatore d’Occidente, e suo cognato Licinio, imperatore d’Oriente, che non volle condividere la scelta di liberalizzare i culti religiosi nell’Impero. Di fatto, ancora, per diversi anni, dopo la pax costantiniana, in quelle regioni, continuarono violente restrizioni a danno dei cristiani, con distruzione di chiese, condanne ai lavori forzati per quelli che praticavano la fede cristiana e prigionie e uccisioni per i vescovi.
Nella nostra città la devozione per il Santo prese notevole vigore a cura della Congregazione dei Carmelitani divenuta poi Arciconfraternita Maria SS. del Carmine a seguito della controriforma tracciata dal Concilio di Trento. Un grande dipinto di autore secentesco, raffigurante il martirio del Santo, ne testimonia l’antichissimo culto per il vescovo protettore delle malattie della gola. E’ per questo che il 3 febbraio, giorno in cui il calendario liturgico dedica alla memoria di San Biagio, nella antica chiesa del Carmine, si svolge la cerimonia della benedizione della gola esercitata dal ministrante col poggiare due candele incrociate sotto il mento dei fedeli e recitando la seguente invocazione: “Per l’intercessione di S. Biagio il Signore ti liberi dal mal di gola e da ogni male. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen".
E’ certo che la fede porta i credenti ancora oggi a sentire il bisogno di una tale benedizione, visto l’accorrere di molta gente alla sacra liturgia della festa del Santo, e per questo val la pena dare un rintraccio di tale antichissima cerimonia che dalla nostra Arciconfraternita è accompagnata anche dal dono del pane che per noi è simboleggiato dai tarallini di San. Biagio.
Pochissimo ci è noto della vita del Santo. Le poche storie sulla biografia dell'armeno sono state tramandate prima oralmente e poi raccolte in agiografie che vengono richiamate nel corso delle azioni liturgiche. A riguardo della benedizione della gola la cerimonia viene fatta risalire ad un eclatante episodio leggendario della vita di questo Santo ritenuto taumaturgo per essere stato anche un medico cui ricorrevano i suoi seguaci nella fede cristiana.
"Si racconta infatti che a seguito della sua prigionia, Biagio venne processato e poi condannato a morte: e mentre veniva condotto al martirio una donna gli portò il figlioletto che stava soffocando per una lisca di pesce che gli si era conficcata in gola. San Biagio lo benedisse e la sua benedizione fu miracolosa per il bambino”.
Per questa ragione nel giorno della sua festa, cioè oggi, il sacerdote tocca la gola dei fedeli con l'imposizione di due candele incrociate e fa dono di un sacchetto di tarallini, simbolo di pane benedetto da offrire ai commensali al pasto di famiglia.
Per una più dettagliata storiografia del Santo è possibile attingere alla “Legenda aurea” diJacopo da Varazze cap. XXXVIII; a cura di A.L. Vitale Bavarone, vol. I, 2006.
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