I requisiti per richiedere il patrocinio a spese dello Stato
In occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della violenza sulla donna, celebrata lo scorso 25 novembre, abbiamo dedicato il consueto intervento settimanale della nostra rubrica legale al drammatico tema dei maltrattamenti compiuti a danno della donna, sempre più frequentemente registrati dalla cronaca, approfondendo, in particolare, la questione degli atti persecutori (il cosiddetto stalking) commessi in forma virtuale, con la possibilità per la vittima di ottenere un provvedimento cautelare di divieto di avvicinamento. Vogliamo, nell’odierno appuntamento, restare nel solco così tracciato e dare menzione di un’importante disposizione operante, a livello processuale, in questo ambito. Parliamo del patrocinio a spese dello Stato nei reati di maltrattamenti in famiglia. Quando è possibile richiederlo? E quali i requisiti?
Occorre, innanzitutto, premettere, per una computa comprensione dell’istituto in esame, che con l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, si prevede che il soggetto non abbiente possa avvalersi di un avvocato senza dovere sopportare esborsi, essendo poste a carico dello Stato le spese per l’assistenza legale. Tale facoltà, operante sia in ambito civile che penale, è diretta attuazione di un principio fondamentale sancito dalla nostra stessa Carta Costituzionale, secondo cui “La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione” (art. 24 Costituzione).
In concreto, la possibilità di essere ammessi al gratuito patrocinio è subordinata al possesso di un reddito inferiore ad una determinata soglia di volta in volta fissata dalla legge. Attualmente, è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito imponibile annuo, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a € 11.493,82. Se, tuttavia, è questo il principio generale che governa la materia, l’ordinamento ha previsto alcune eccezioni, ovvero alcune ipotesi in cui può richiedersi il patrocinio a spese dello Stato a prescindere da qualsiasi limite reddituale, e, quindi, per il solo fatto di agire o resistere in giudizio. In particolare, per ciò che concerne il tema che stiamo trattando, l’art. 76, comma 4 ter del DPR 115/2002 prevede espressamente che il patrocinio a spese dello Stato possa essere concesso anche in deroga ai requisiti di reddito qualora il richiedente sia la persona offesa di reati come i maltrattamenti contro familiari o conviventi, violenza sessuale, atti sessuali con minorenni ed atti persecutori (stalking). In tali fattispecie, dunque, si potrà sempre richiedere che sia lo Stato a pagare le spese legali necessarie, anche a prescindere dalle condizioni reddituali.
La norma in esame è stata, di recente, interpretata in maniera particolarmente estensiva all’esito di una decisione della Corte di Cassazione (sentenza n. 52822/2018 del 23 novembre) con cui si è stabilito che la disposizione che concede il gratuito patrocinio per i reati sopra elencati, introdotta nel 2013, possa applicarsi anche ai procedimenti già in corso, purché vi sia stata una precedente ammissione al gratuito patrocinio. Si tratta, a ben vedere, di una decisione di notevole rilievo, se pensiamo che, incaso contrario, il gratuito patrocinio ammesso per motivi di reddito sarebbe stato sempre revocabile laddove, nel corso del giudizio, fossero intervenute delle modifiche reddituali in grado di far superare la soglia prevista dalla legge.Ritenendo, invece, applicabile la norma anche ai procedimenti precedenti, viene sterilizzato tale rischio, consentendo a chi abbia goduto del patrocinio di non perderlo, neanche nell’ipotesi, tutt’altro che infrequente, in cui vi sia un incremento del reddito. La Suprema Corte ha, infatti, affermato a chiare lettere che “la suddetta previsione se da un alto risulta applicabile alle nuove richieste di ammissione al gratuito patrocinio, nondimeno produce i suoi effetti anche in relazione alle richiese di gratuito patrocinio accolte sulla base della disciplina originaria in relazione a procedimenti penali che non siano esauriti”.
Si tratta di una normativa volta a rimuovere ogni ostacolo alla effettiva tutela delle vittime di tali reati le quali, altrimenti, sarebbero probabilmente poco propense a denunciare le violenze patite in ambito familiare. Anche per tale via, dunque, può contribuirsi ad incentivare la possibilità di denuncia che, lo ricordiamo, costituisce la principale arma di difesa per chi risulti vittima di fattispecie criminose così gravi.
Al prossimo sabato per il nuovo appuntamento della rubrica “Diritto di difesa”.
Michele Ragone
Avvocato
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