ANCORA TANTE LE AMBIGUITA’ DEL CALCOLO TARIFFARIO
Nel pomeriggio del 30 aprile scorso il Consiglio Comunale ha proceduto alla definizione delle tariffe TARI, la tassa per lo spazzamento della città e per la raccolta rifiuti, che sarà addebitata nel corso di quest’anno. Alla determinazione del tributo, come previsto per legge nazionale e dal Regolamento comunale, si è pervenuti, sempre nella stessa seduta, dopo l’approvazione del Piano Economico Finanziario (P.E.F.), che analizza gli aspetti tecnico-qualitativi delle attività appaltate e, l’andamento contabile e gestionale del servizio, riassunti, per la parte prestazionale e operativa, dalla Società Del Fiume e, per la parte amministativo-finanziaria, dall’Apparato del Comune. Appena pubblicate, all’albo pretorio, le due delibere consiliari, rispettivamente la n. 17 e la n.18, è apparso in città il manifesto, sopra riprodotto, concordato da tutti i partiti/gruppi politici della maggioranza, con cui si propaganda, anche per il 2018, l’ulteriore flessione della pressione fiscale di detta tassa, nella misura del 2,6% per le utenze non domestiche e, per quelle domestiche, l’abbattimento segnalato va dal 3,28% all’8,44% in rapporto alla metratura dell’abitazione e al numero di coloro che vi dimorano. Chiaramente per questa seconda decurtazione della tassa, dopo di quella più consistente, praticata per il 2017, non si è fatta tutta quella pubblicità cui si è assistito l’anno scorso, nei mesi della campagna elettorale che ha portato alla rielezione di Depalma a Sindaco. In termini semplicemente indicativi il manifesto, oltre che annunciare il calo per il secondo anno consecutivo della tassa, sia pure in misura molto contenuta, mostra il dato di base da cui si è partiti per il computo della TARI e cioè il costo dell’intero servizio che, previsionato per il 2018 in € 4.087.928,46, dovrà essere, per legge, interamente coperto dagli introiti derivanti della tassazione. Viene, infatti, dato risalto al fatto che rispetto al costo di gestione, riferito all’anno 2016 (€ 4.567.946,33), cui era in essere il tradizionale ritiro dei rifiuti, il contenimento della spesa per l’intero appalto consisterebbe in € 480.017 (- € 424.604 per il 2017 cui si aggiunge - € 55.413 per il 2018). In tal senso, è significato dai promotori del manifesto, che, a fronte di un indice del 70,12% di raccolta differenziata, raggiunta già nel primo anno di introduzione (2017), l’abbattimento dei costi dell’appalto riferito al 2018, (presunto pari a € 4.087.928,46) sarebbe di € 480.017 ripetto al 2016 (epoca in cui la differenziata era al 15,09%). Come a dire che, grazie alla raccolta, porta a porta, si è ottenuto un risparmio economico di poco meno di € 500.000 su un costo complessivo del servizio che, comunque, si attesta sempre oltre i 4 milioni di Euro. E, ancora, con quel manifesto si punta a rimarcare che il nuovo sistema di raccolta ha portato a scoprire ben 411 evasori, già regolarizzati; non viene, però, fornita indicazione se l’evasione afferisce a posizioni domestiche o di categoria diversa oppure dell’una o dell’altra specie di contribuente.
Questa sarebbe l’informativa per i cittadini a configurare i punti caratterizzanti la mal digerita imposizione locale. Elementi che, comunque, possono essere interamente ricavati dalla lettura degli atti acclusi alle due delibere consiliari sopra richiamate. E, proprio a questo proposito, dopo una puntuale disamina del P.E.F. e specificatamente del meccanismo della modulazione della tassazione per il 2018, ho riscontrato, ancora, alcune gravi anomalie, che per la loro evidente ambiguità, come successo l’anno scorso, hanno concorso, artatamente, a dimensionarne l’imposizione, particolarmente per le utenze abitative. Non mi pare utile dover ripetere qui l’esplicitazione delle procedure per il corretto calcolo della tariffazione, già illustrate lo scorso anno con il mio scritto:-‹‹CALA LA TARI››.SPOT DI FURBIZIA POLITICO-AMMINISTRATIVA?-, pubblicato, sempre su questo sito, l’8 maggio 2017. Né intendo ripetermi con le osservazioni manifestate sulla non conforme attuazione di alcuni adempimenti per il calcolo della Tariffa. Anche se, in quella circostanza, avevo rivolto al Consigliere, dott. Iannone, che aveva elogiato la Dirigenza comunale che, d’intesa con l’impresa concessionaria del servizio, era arrivata a fare il taglio della TARI, l’invito a dare chiarificazione di detta operazione presentando i riscontri contabili a consutivazione dell’anno 2016.
Tuttavia, non posso esimermi dall’annotare che tutta quanta la redazione tecnico-contabile del Piano Economico Finanziario 2018, di cui si è fatto portavoce presso l’Assise civica sempre il consigliere Iannone, non è stata in alcun modo certificata dalla Linea Dirigenziale del Comune. Né gli Assessori all’Ambiente e al Bilancio, né tanto meno i Dirigenti dei rispettivi Settori hanno dato attestazione della coerenza e della conformità dei dati gestionali ed economici, esposti nel Piano, con la documentazione contabile registrata a consuntivazione del 2017. Forse il consigliere Iannone, dovendo esporre al Consiglio il dispositivo di deliberazione, avrà verificato di persona tutte le relative carte contabili e le certificazioni dei costi, annoverati nel corso del 2017. Si sarà fatto così garante della precisa rispondenza dei dati economici riportati nel Piano Finanziario 2018 con gli atti contabili tenuti presso gli uffici che sovrintendono alla gestione dell’appalto.
Mi preme, infatti, rimarcare che, sulla base dei riferimenti contabili esplicitati in quel documento di pianificazione finanziaria, sono stati estrapolati i parametri della tariffazione 2018, senza che detta articolata esposizione porti alcuna attestazione della sua elaborazione da parte di alcuna autorità direzionale della municipalità. Al contrario la parte tecnica e operativa della relazione è firmata dall’Impresa che esercita il servizio e dal Consorzio aggiudicatario del contratto d’appalto intercomunale. Mi pare veramente doverosa questa puntualizzazione, proprio in ragione al fatto che quel Piano, pur non avendo una stretta natura di documento fiscale, non può in alcun modo disattendere a quanto previsto dall’art.8 del D.P.R. n.158/1999, ma anche dallo stesso Regolamento Comunale, che impongono la presentazione del riscontro del risultato economico dell’anno precedente (2017) e, quindi, l’analisi degli scostamenti che si sono registrati e le eventuali cause che l’hanno originati. Insomma a chiusura della gestione di tale attività per il 2017 (primo anno della raccolta porta a porta), quant’è stato il costo reale complessivo del servizio, completo anche degli interventi staordinari ordinati all’impresa? E’ stato pari, inferiore o superiore a € 4.143.342, come indicato nel Piano Economico Finanziario approntato per il 2017? E, ancora, gli introiti derivanti dalla tassazione 2017 sono stati tali da coprire quell’importo o non sono stati sufficienti a pareggiare le reali ed effettive spese sostenute? Qual è l’organo comunale che deve assumersi la responsabiltà di una tale certificazione?
Nel Piano Finanziario in discussione non si fa minimamente menzione di questo importante presupposto che è fondamentale di una normale contabilità anche privatistica oltre che pubblica, e non è stato neppure indicato se il gettito della tassa sui rifiuti incamerato per il 2017 sia stato inferiore o superiore a quanto preventivato.
E’ strano che il Consigliere Iannone non si sia accorto per niente che nel Piano Finanziario 2018, redatto dall’apparato amministrativo, difetti del tutto del riferimento ai risultati registrati nell’anno 2017 e che manchi di ogni indicazione di eventuali scostamenti fra i due anni e, per giunta, non vi sia alcuna motivazione riguardo alle possibili cause che l’abbiano potuto determinare. Non è da escludere, dunque, che l’intero procedimento programmatorio, messo in atto per delineare le coordinate della fiscalità TARI 2018, avrebbe potuto rilevare profili di tassazione diversi se si fossero posti sotto analisi i risultati contabili registrati per il 2017 ed eventuali loro dissonanze con il previsionato dello stesso anno. Perché è su una tale analisi della rendicontazione complessiva 2017 che si sarebbe dovuto poi strutturare l’articolato dei costi 2018, tenendo conto dei valori economici degli scostamenti, specie se passivi, da riportare nel corrente Piano Finanziario.
Ci si tiene, invece, a propagandare che l’azione investigativa ha portato a rilevare ben 411 ditte sfuggite all’applicazione della tassa, che, con ogni probabilità, stando a quanto riportato nell’elenco dei Costi Comuni (CC) nel P.E.F. avrebbe conseguito un introito di € 736.905,00. Importo che in qualche modo ha dimezzato il mancato gettito da imposizioni tributarie di difficile riscossione, divenuti così crediti inesigibili. Peraltro, giaccè la somma pertinente a detta voce di costo, dichiarata “come crediti inesigibili”, è di ben € 1.242.929, sarebbe stato oltremodo interessante avere chiarificazioni delle cause che hanno prodotto una così elevata perdita economica. Come pure doverosa doveva ritenersi l’indicazione della ragione per cui detto mancato incasso sia venuto a concentrarsi nell’esercizio 2017, e, ancora l’autorità comunale che ne ha dichiarata l’inesigibilità, trattandosi di una rinuncia all’incameramento di crediti di una certa entità. Né, in proposito, è stato diradato il dubbio circa il numero di dette utenze insolventi e se è stato esperito tutto il ciclo del procedimento di riscossione mediante l’accertamento e il relativo provvedimento d’ingiunzione rimasto senza esito e se, ancora, nei confronti di questi debitori viene fornito, tuttora, il servizio di ritiro dei rifiuti. Inutile dire quanto sia di estremo interesse indagare su questa situazione dei crediti inesigibili per tributi non incamerati, perché, stando al dispositivo della norma, i mancati ricavi entrano nel computo dei costi comuni che concorrono poi alla determinazione della tariffa, ripartendosi quelle somme non riscosse a carico degli altri contribuenti solventi. L’impedimento a introitare un credito di tale consistenza mette in discussione, altresì, le stesse procedure esecutive messe in atto dal Comune allo scopo di contrastare e prevenire tali inconvenienti.
Altre, ancora, sarebbero le riserve da elevare a quel P.E.F., appena approvato, che tutte insieme hanno costituito quell’alchimia procedimentale con cui si è arrivati a determinare quel ribasso della TARI, a dir il vero, appena percepibile. Una tassa che, comunque, rimane elevata, se si raffronta con quanto pagano i contribuenti delle altre cittadine facenti parte dello stesso ARO.Ba.2.
Una per tutte di tali incongruenze, pure di una certa valenza, è l’omesso recupero di produttività per l’anno in esame, nei termini in cui è previsto dalla formula indicata dalla norma n.158/1999. Un raccordo nel computo della tariffa che andrebbe a mitigare l’incidenza dell’inflazione programmata. E, proprio con riferimento all’inflazione programmata, che per il 2018 si attesta all’1,7%, detto riscontro, pur previsto nella relazione descrittiva al P.E.F., non è stato considerato nella determinazione delle tariffe per il 2018. Difetto di calcolo che ha concorso in un certo senso ad attenuare i parametri della corretta tassazione. Anche su questo versante, pertanto, è stata ampiamente disattesa la disposizione di cui al p.1. dell’Allegato 1, D.P.R. n.158/1999 che specifica che: “la determinazione delle tariffe relative all’anno n-ennesimo avviene computando: -i costi operativi di gestione (CG) e i costi comuni (CC) dell’anno precedente (n-1), aggiornati secondo il metodo del price-cap, ossia, in base al tasso programmato di inflazione (IP) diminuito di un coeficente Xn di recupero di produttività; -i costi d’uso del capitale (CKn) dell’anno in corso”.
Sicchè l’eventuale scostamento dei CG e dei CC per l’anno di riferimento rispetto all’aggiornamento, che possa essere dipeso da sostanziali modifiche nella gestione e nelle modalità di esecuzione del servizio, ovvero da modifiche dei prezzi di approvigionamento di materiali e forniture da terzi, dovrà essere esplicitato nella elaborazione del Piano Finanziario.
Chiudo questo mio annotamento con una personale considerazione che mi auguro possa far riflettere i decisori politici che, finora, hanno pubblicamente dichiarato che il sistema di raccolta porta a porta va a beneficio dei cittadini comportando di sicuro un ribasso della TARI.
Osservando, invece, il riepilogo dei costi variabili del servizio, quelli su cui si può intervenire con determinati accorgimenti per ridurli, noto che, a fronte dell’esborso per la raccolta differenziata (CRD) pari a € 735.767,34, sono stati spesi € 147.977,53 per trasporto di RSU (CRT), € 365.161,62 per lo smaltimento RSU (CTS) e, ancora, € 225.278,24 per il trattamento e il riciclo dei rifiuti (CTR) al netto degli incassi per il riutilizzo materiali, per un costo complessivo di circa € 729.439. Il che significa che le spese di trasporto, smaltimento e riciclo del rifiuto, allo stato attuale, sono pari al costo della raccolta differenziata. Per cui se i corrispettivi che il Comune paga per dette attività di smaltimento o riciclo, tutte fornite da imprese private, non si riescono a contenere, anche in misura significativa, il sistema della raccolta porta a porta non arrecherà sostanziali vantaggi per i contrebuenti cui è stato promesso un’apprezzabile riduzione della tassa.
Ne è prova il fatto che il costo per tonn di rifiuto, da smaltire per il 2018, andrà ad attestarsi all’incirca su 520 Euro, oltre quanto speso il 2017 e, soprattutto, risulta essere superiore al costo riscontrato a chiusura del 2016, che si è aggirato a poco più di 500 Euro. E, nel 2016, ancora non si praticava il servizio porta a porta.
Di conseguenza ben altri devono essere gli interventi perché la TARI possa attestarsi ai livelli di quella, imposta dagli altri Comuni limitrofi, puntando a ridurre la produzione del rifiuto e a introdurre la tariffa puntuale. Tutto il resto sono meccanismi e stratagemmi che, se danno la percezione di qualche punto a ribasso della TARI, poi, di fatto, vanno a pesare sulla fiscalità generale, perché tanto la copertura completa del ciclo di smaltimento dei rifiuti urbani rimane sempre a totale carico del Comune.
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