Con lo scritto della scorsa settimana ho ampiamente trattato della vicenda della Commissione Paesaggistica cui diversi membri si sono dimessi per non essere stati mai chiamati a esaminare ed esprimere il parere sulle pratiche edilizie per le quali, secondo il relativo Regolamento comunale, è prevista la loro consultazione preventiva ai fini della tutela del patrimonio urbanistico d’interesse storico e architettonico. Qui mi preme fare, invece, qualche riflessione su un’altra importante Commissione che, purtroppo, il Comune di Giovinazzo non ha mai istituito, diversamente da tutti gli altri Comuni. Mi riferisco alla “Commissione per la Toponomastica” che, composta, da Consiglieri comunali, in parte di maggioranza che di minoranza, e da membri esterni, esperti di cultura e di storia patria, dovrebbe esercitare la funzione propositiva e valutativa degli omonimi. Un organismo, anch’esso consultivo, cui compete la difesa della storia toponomastica della città e del suo territorio, con particolare attenzione alla circostanza che le denominazioni proposte rispettino, in primo luogo, l’identità culturale, sociale e civile della comunità. In questo senso si parla, appunto, di “Odonomastica”, dal greco hodós (via strada) e onomastikòs (atto a denominare), che vuol significare l’insieme dei nomi delle piazze e strade di circolazione di un centro urbano e il suo studio storico e geografico, finalizzato a comprendere le scelte compiute nel tempo dalle autorità locali per le intestazioni degli spazi comuni, secondo le evoluzioni socio-economiche della comunità civica e la sua memoria collettiva. Generalmente detta Commissione è istituita all’atto dell’adozione, da parte del Consiglio comunale, del “Regolamento della Toponomastica” perché, in rappresentanza della base popolare, in occassione di nuove intitolazioni, esprime il suo avviso a che i toponimi proposti, riguardanti persone, episodi, luoghi, o altro, siano congrui alla funzione toponomastica. In sintesi la Commissione sarebbe chiamata a valutare se le ragioni per cui certe intestazioni sono state scelte non rispondano a pure logiche onorifiche e, ancora peggio, a scopi di ordine ideologico o politico e che, nello specifico, qualora siano legate alla realtà territoriale o abbiano rilevanza nazionale e internazionale, siano, in qualche modo, correlate o in connessione socio-culturale con l’identità e gli interessi della comunità locale.
A Giovinazzo il Regolamento per la Toponomastica, messo a punto dall’allora Assessore alla Cultura, Enzo Posca, fu approvato a dicembre del 2013, senza prevedere, tuttavia, l’insediamento della Commissione consultiva, ritenendo che a deliberare le nuove denominazioni di strade, dopo l’istruzione amministrativa delle pratiche, sia giusto provveda direttamente la Giunta Comunale. E, di fatti a ottobre del 2014, prima ancora che lasciasse l’incarico da Assessore, Posca aveva già messo a punto un piano d’intitolazioni di strade, non del tutto attuato, avvalendosi, naturalmente, del solo assenso della Giunta Comunale (la Circolare del Ministero degli Interni, n.10 dell’8.02.1991, ha decretato che questa competenza spetti alla Giunta e non più al Consiglio comunale, in base al nuovo ordinamento degli Enti Locali, L. n. 267/2000). Ultimamente lo stesso Sindaco, in occasione della campagna elettorale della primavera scorsa, ha premuto a dedidare ad alcuni personaggi locali ancora altre strade o tratti di esse e, perfino, spezzoni di zone litoranee, all’insegna proprio di un qualche riconoscimento, ma sempre con l’obiettivo di poter allargare il raggio di consensi per la sua rielezione. D’altronde chi avrebbe potuto impedirglielo di usare la toponomastica per scopi elettoralistici, giacché quelle nuove intestazioni non sarebbero dovuto essere sottoposte al vaglio di un’apposita Commissione locale. E’ il segno della dominante potestà sindacale che impressiona l’attuale sistema di governo della città cui anche l’apparato amministrativo deve piegarsi. Si comprende così come alcune proposte di titolazione di strade o piazzali che provengono da ambiti cittadini o da istituzioni associative a lui distanti, non sono neppure prese in considerazione. Eppure, a ben guardare, la dedicazione dei siti territoriali come di strade e di piazze di circolazione, come tutte le manifestazioni delle lingue storico-naturali sul tema, sono il frutto di “convenzioni” e, per secoli, si sono basati sul consenso della comunità che ne faceva uso.
La ragione per cui una determinata località si chiama in un determinato modo e non in un altro, per noi, oggi, ci pare del tutto ignota o, per lo meno, incerta, ma all’origine ci sarebbe sempre una scelta popolare. Poteva trattarsi della descrizione fisica del luogo, ma anche del nome di chi vi abitava, o di qualunque altro termine che un luogo poteva evocare. La stessa denominazione di Giovinazzo c’è chi la fa derivare da “Iohannacius”, nonostante la documentazione archivistica ci dà le forme di “Iubenacium” o “Iovinacium”. Ciò a significare che, di solito, una denominazione è sempre data in forza di un consenso popopare. Certamente, il consenso è un concetto inafferrabile e mutevole, che varia secondo le propensioni culturali e sociali del tempo, ed è per questa ragione che i Comuni, anche più piccoli, hanno avvertito la necessità di avvalersi, in materia, del contributo di una Commissione, espressione della comunità, per esercitare al meglio la funzione propositiva degli omonimi. E, infatti, ai tempi dell’Unità d’Italia fu del tutto pacifico che i nomi dei luoghi, già evocanti influnze della dinastia borbonica, fossero riformulati in forza della ricorrente aspirazione all’unità della nazione, con il diffuso richiamo a Mazzini, Garibaldi a Cavour, a d’Azeglio, agli stessi personaggi di casa sabauda o famigliari di rango della famiglia reale, a partire da Vittorio Emanuele, Umberto, Amedeo ecc.. Così, anche dopo il primo conflitto del 1915-1918, naturale fu intestare strade del nuovo quartiere cosiddetto delle “quattro fontane” (o meglio “mez ’a l’oùrte”, perché ivi erano solo orti tra via Crocifisso e la riviera di ponente, appena dietro Piazza Porto) e, per giunta, il “Parco della Rimambranza”, come pure, in memoria di luoghi ove si immolarono giovani soldati, per lo più provenienti dalle regioni meridionali, o di comandanti di quelle aspre battaglie. Così è stato anche dopo il secondo conflitto mondiale cui si è fatto richiamo a luoghi di cruente battaglie, pure navali, e, ancora una volta, a molti militari, caduti o dispersi, per la titolazione di vie. Questa volta, però, non più in una zona omogenea di nuova espansione urbana, ma si è provveduto, progressivamente, alla denominazione di strade sparse qua e là sul territorio cittadino e che prima erano distinte e numerate come traverse di strade principali. E’ cominciato così un certo disordine nella toponomastica cittadina, specie quando quel consenso popolare, per lo più tacito, di cui si è fatto cenno, con la crescente complessità della società moderna, insieme alla tendenza a moltiplicare le denominazioni toponimiche, conseguente alla crescita della popolazione e all’amplimento dei luoghi antropizzati, è venuto completamente a mancare. Un fenomeno, per la verità, generalizzato in molti Comuni, tant’è che è dovuto intervenire, a più riprese, con Circolari e un Decreto, il Ministero degli Interni per fornire integrazioni esplicative alla legge 23.06.1927, n.1188 che disciplina interamente la materia della Toponomastica. Come pure, a motivo dei tanti problematici contrasti che insorgono, in sede locale, sulla toponomastica, spesso influenzata da pressioni ideologiche o a richiamo di nomi dialettali o di ispirazione e denominazione strana o di natura puramente ideologica, ha fatto sì che della questione si occupino anche entità a livello superiore, sia regionale e anche nazionale.
Sicchè a Giovinazzo a seguito della creazione di nuovi quartieri insediati nelle aree di artigianato e servizi, nella nota contrada “Zurlo”, si è provveduto a intitolare nuove vie, nuovi luoghi abitativi, anche al fine di regolamentare quella complicata circolazione dei mezzi pesanti, con nomi che, si dice, siano stati imposti, quali appunto via Delle filatrici, Delle ricamatrici, Degli Impagliatori, Dei maniscalchi, Degli ombrellai, Degli stagnari, Degli artieri e così via, tutte attività per niente correlate con i tradizionali mestieri della nostra cittadina. C’è, perfino, un vialone, che lambisce quel comprensorio della zona artigianale, intestato alla poetessa statunitense Emily Dickinson, una tra i più importanti lirici del XIX sec., mentre non si è mai riusciti a titolare una via alla pittrice concittadina Giuseppina Pansini. Così sempre in quelle nuove aree urbane di espansione abitativa si ritrovano strade dedicate a tanti santi: S. Francesco, S. Benedetto, Santa Chiara, Santa Caterina; non è mai stata dedicata una via al nostro Patrono della Città: San Tommaso. Eppure il sito ove in parte oggi sorge la chiesa di Sant’Agostino e l’ex convento degli agostiniani era citato “Loco Santo Tomo”, come riportato nelle carte della visita pastorale del vescovo mons. Giovanni Antolinez Briziano (1549-1574), che da notizia della presenza in quella contrada della chiesa appunto di San Tommaso apostolo, già all’epoca disastrata. Anche al nostro concittadino, Beato Nicola Paglia, la dedicazione apposta, di recente, si riferisce a un piccolo vicolo, nel centro storico; eppure quel santo frate, amico di San Domenico, fu molto considerato presso l’Ordine dei Predicatori, al punto da essere soprannominato, già in vita (1197 – 1256), l’Apostolo della Puglia.
Ma vediamo quali sono le anomalie che presenta oggi la Toponomastica cittadina, a parte quella di non avere più concentrato, su un’unica area urbana di circolazione, titolazioni di strade ispirate a un unico tema o evento, come è possibile constatare per le denominazioni antiche nell’ambito della città vecchia, che fanno riferimento a precisi accadimenti storici o a presenze di palazzi patrizi e di istituzioni civili o insediamenti di comunità religiose, ormai scomparse. E, infatti, una delle lacune è proprio la mancanza di una specie di guida interattiva che possa rendere fruibile il patrimonio informativo degli omonimi che si trovano nelle varie aree di circolazione, delinendo, caso per caso, le ragioni di ogni intestazione, ma anche una breve descrizione del personaggio o dell’evento che richiama. Mi rendo conto che avere un tale strumento di ricognizione non è del tutto semplice e che richiede un lungo lavoro di ricerca storica e di analisi filologica delle località, già prima ancora di essere urbanizzate.
Tuttavia una simile dotazione, specie come polo informatizzato, consultabile da tutti, potrebbe risvegliare curiosità culturali anche attraverso la ricerca d’informazioni di pubblico interesse, come quelle attinenti allo stradario e alle motivazioni dell’applicazione degli omonimi, ma soprattutto, per valutare se siano ancora confacenti nella realtà sociale attuale le rispettive denominazioni. Girando per Giovinazzo, specie nell’esteso comprensorio urbano tra via Bitonto e Via Marconi, ove si stagliano in maniera squadrata tanti fabbricati, di recente sopraelevati, divisi da vie cui l’intestazione sui fronti in pietra è andata persa, ne è più leggibile la scritta, in pittura nera, dell’epoca dell’artigiano Filippo Nisio, si scruta, a mala pena in qualche angolo, la dedica a tanti personaggi locali. Ma chi furono quegli illustri concittadini, cui a cavallo tra il XIX e il XX sec. furono titolate tante vie? Chi fu Leone da Giovinazzo? e Lupone da Giovinazzo? e Eustachio da Giovinazzo? e Angelo Riccio? E Giovanni Antonio Morola? e Giovanni Quintazzi? e Gaetano Vernice? e Benedetto Triples? E Carlo Origlia? e Giuseppe Buonhomo? e Sisto Colletta? e Giovannello Sasso? e Paolo Ciardi? e Paolo Fiorentino? e Giacinto Chiurlia? e Felice Fiori? e Carlo Altieri? E Annibale Vallone? e, ancora, Antonacci? Celentano? Cola Piccoli? Elefante? Rova? Gioia? Rodogni? De Turcolis? Fruimondo? Papeo? ecc. ecc.. Tutte personalità che diedero lustro alla città, ma del tutto sconosciute ai nostri cittadini, specie giovani. Non è tempo che si proceda al rifacimento generale di tutte le targhe, secondo i criteri e le indicazioni fornite dalla disciplina in vigore, corredate pure con un sintetico cenno biografico del personaggio riciamato?
Così, anche per le prossime intestazioni, si potrebbe pensare di indicare ancora altri illustri concittadini rimasti nel dimenticatoio, come gli arch. Giovanni e Giuseppe Mastropasqua, il giurista Nicolo’ Spinelli, i pittori De Musso, e tanti altri ancora che non è il caso di elencare.
Questa sì che sarebbe un’opera veramente qualificante per l’Amministrazione perché darebbe un tono, di tutto rispetto alla città, a livello urbanistico e paesaggistico al tempo stesso.
Ancora più apprezzabile per i cittadini sarebbe poi l’avvio di un progetto illustrativo che ricostruisca le origini e la storia delle vie cittadine e delle località agresti, mediante una accurata ricerca e analisi dello sviluppo urbano, volto anche a recuperare la memoria storica di Giovinazzo e dei suoi insediamenti abitativi dopo l’abbattimento della cinta muraria, nella seconda metà dell’´800. La raccolta dei risultati di una simile ricerca, corredata di testo, immagini e video, in un apposito spazio del Sito del Comune, potrà costituire un database capace di fornire informazioni utili tanto al cittadino che al turista che vuole visitare la nostra località. E all’obiezione, che mi aspetto si faccia, secondo cui l’apparato amministrativo comunale non ha possibilità per curare un lavoro che richiede importanti approfondimenti e analitiche indagini, personalmente suggerisco che un tale progetto sia affidato agli Istituti scolastici superiori perché possa costituire una concreta ricerca didattica a profitto dell’intera collettività.
Non vengono forse dal Comune erogate annualmente alle direzioni didattiche cospicue risorse economiche per iniziative d’interesse socio-culturale? Non sarebbe questa un’opera che, tutto sommato, riveste un interesse pubblico, potendo impegnare il mondo della scuola in un piano pluriennale di lavoro in grado di dare utili e reali riscontri ai finanziamenti che il bilancio comunale riserva a tale settore della realtà cittadina?
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