OVVERO FIN DOVE OSA IL POTERE POLITICO LOCALE
Appena due mesi fa con una mia riflessione, indotta dalla lettura di un articolo di Sergio Rizzo, a pag.21 di “Repubblica” del 4 dicembre 2017, dal titolo “Lo scempio infinito delle coste, il Paese dove il mare non si vede più”, ho tentato di portare all’attenzione dei lettori i rischi che un tale fenomeno potesse prendere campo, più che mai, anche sulla nostra fascia costiera. Il mio scritto intitolato: L’“AFFAIRE” MARMERIA BARBONE, TESTA DI PONTE PER NUOVI INSEDIAMENTI SULLA LITORANEA? si focalizzava sul procedimento, in via di esplicazione presso il Settore Urbanistico comunale, attinente alla richiesta, prodotta allo sportello SUAP, dalla S.r.l. Blue Tourism, sedente in Giovinazzo, rivolta a insediare nell’opificio dell’ex marmeria Barbone, sito in località Belluogo, un complesso turistico, avvalendosi del dispositivo dell’art.8, c.1 del D.P.R. n.160/2010, che prevede la cosiddetta “variante urbanistica accelerata”. In parole più semplici, la società richiedente, per mezzo della pratica edilizia, registrata in Comune col n.102/2015, ha prospettato la trasformazione delle lavorazioni dei marmi, da tempo cessate sull’immobile, in servizi di accoglienza ricettiva mediante la ristrutturazione delle relative opere edilizie, già in essere, adeguandole alla nuova destinazione turistica, ancorchè quel tipo di insediamento non sia previsto dalla programmazione urbanistica. Con riferimento, appunto, all’art. 8 di detto D.P.R. n.160/2010, ha avanzato richiesta di un intervento di raccordo procedimentale con gli strumenti urbanistici in atto (variante urbanistica), e, quindi di acquisire il necessario titolo autorizzativo all’esecuzione delle opere di ristrutturazione edilizia dell’immobile e alla sua riqualificazione funzionale.
Ritorno, ora sull’argomento per un più vasto approfondimento, dal momento che quell’insediamento turistico non è più un’ipotesi ma un fatto concreto, dopo che l’ing. Trematore ha rilasciato, con la sua determina n.12 del 17.01.2018, l’approvazione del progetto di ristrutturazione edilizia dell’immobile in discussione per adeguarlo alla nuova destinazione turistico-ricettiva, disponendo, contestualmente, la relativa variante allo strumento urbanistico per il successivo avallo da parte del Consiglio Comunale. E’ chiaro che, per quanto è possibile cogliere dalla lettura degli atti adottati dal Dirigente e pubblicati attraverso i canali informativi del Comune, tenterò di far luce su un così evidente raggiro di quella che è la disciplina dei piani urbanistici in vigore e di dare un puntuale rintraccio dell’escamotage cui l’Ufficio “competente” si è avvalso per giungere a tali decisioni.
Questa, infatti, è la missione cui da sempre ci siamo proposti di assolvere, piaccia o no a chi è costretto a squazzare in questi intrighi amministrativi: informare il cittadino di quanto i decisori politici compiono e fino a che punto osano nell’abusare del loro potere decisionale, allorchè vogliono raggiungere determinati scopi che non sempre traguardano gli interessi generali della collettività, piuttosto specifiche situazioni speculative.
Già, perché funziona così: si comincia col piantare un paletto in modo da praticare una prima dubbia deroga a un principio normato, e poi procedere, anche in altri casi similari, in assoluta libertà e secondo copione, perché alla fine quella che era solo una licenza straordinaria ed eccezionale viene a divenire, col suo ripetersi, condotta amministrativa consueta e, perfino, compatibile con la normativa edilizia.
La narrazione di questa vicenda, dunque, ancorchè esposizione giornalistica, vuol essere un espreso “chi va là!” a non procedere su questa china perché il percoso introdotto dall’art.8 del D.P.R. n.160/2010 non può essere considerato un procedimento ordinario, ma eccezionale, potendo farvi ricorso solo in presenza di determinate circostanze fattuali e non già per concretizzare l’intento, più che manifesto, di trasformare manufatti abbandonati e/o inattivi in strutture di ricezione turistica, proprio sulla linea di costa, violando, in tal modo, le linee programmatiche contenute negli strumenti urbanistici. Perché proprio di questo si tratta. E, non è una mia supposizione, ma una scelta politica che la gestione Depalma si è proposta, ad ogni costo, di voler perseguire.
In termini più espliciti, ripresi dalle stesse specificazioni, usate dagli Organi deliberanti nei provvedimenti amministrativi, allo scopo varati, il dettato è: “non va tralasciata nessuna iniziativa possibile per insediare lungo la costa strutture a destinazione turistica”. E’ noto, infatti, che il vigente PRGC, approvato dalla Giunta Regionale con proprio atto n.7593 del 27.12.1991, esclude la previsione di aree, lungo la fascia del litorale, che possano essere utilizzate per l’edificazione o l’adattamento di manufatti in essere come strutture turistiche e alberghiere, “...fino all’entrata in vigore dei Piani territoriali e/o tematici e che nelle more sono considerate zone agricole tipizzate - E1-” (cf. art.51 della L.R. n.56/1980). Per dare concretizzazione a tali intendimenti, invece, Depalma ha elaborato specifiche indicazioni, riassunte in ben due Deliberazioni del precedente Esecutivo, nn.40/2013 e 11/2016, aventi entrambe lo stesso oggetto: “Procedimenti ex art. 8 D.P.R. 160/2010 per l’insediamento di attività produttive in variante agli strumenti urbanistici comunali vigenti. Atto di indirizzo”. Con detti dispositivi l’Organo politico ha impegnato la Direzione comunale Urbanistica e il Dirigente dello sportello SUAP a valutare e istruire tutte le richieste di attività produttive in variante allo strumento urbanistico in conformità a quanto previsto dall’art. 8 D.P.R. n.160/2010. Tanto anche in previsione del contenuto della Delibera consiliare n. 39/2015 con cui la maggioranza e il Consigliere dott. Iannone (astenuti Stufano e Camporeale del PD), a luglio 2015, approvarono la proposta, formulata dall’allora Assessore Sannicandro, di procedere all’armonizzazione della vigente strumentazione generale (PRGC) con il Piano Paesaggistico Territoriale della Regione (PPTR) e la redigenda nuova strumentazione urbanistica comunale. Con la stessa delebera, poi, s’incaricò il Dirigente del Settore Urbanistico comunale a eseguire una analisi appropriata che consentisse una diversa tipizzazione di tutte le aree agricole costiere (da Nord a Sud) e di tutte le altre aree costiere tipizzate nel vigente PRGC per addivenire ad una migliore offerta turistica, salvaguardando, comunque, il paesaggio.
In termini più comprensibili l’indirizzo politico formulato in queste deliberazioni dal primo governo Depalma sarebbe quello di promuovere e di incentivare i privati a prospettare progetti rivolti a realizzare strutture turistico-ricettive idonee ad attrarre sempre più presenze sul territorio al fine di sviluppare la crescita economica cittadina. A supportare tali iniziative si è, appunto, lasciata intravvedere la possibilità di far ricorso alla “variante urbanistica accelerata” (art. 8 D.P.R. 160/2010) per l’insediamento di dette strutture anche lungo la costa ove gran parte delle aree sono tipizzate come agricole.
Questo il disegno politico messo a punto da Depalma che, purtoppo, mi pare essere del tutto in contrasto con quelle che sono le prescizioni imposte dalla Regione -Servizio Urbanistico- (Delibera G.R. n.2581 del 22.11.2011) che, a proposito del procedimento di cui all’art.8 D.P.R. 160/2010, al punto 11 delle Istruzioni indirizzate agli Enti locali, espressamente ribadisce: ….che si deve ricorrere alle varianti “puntuali” sul progetto presentato dall’imprenditore, previste dall’art. 8 del D.P.R. n. 160/2010, allorquando si ha esigenza di soddisfare singole e circoscritte istanze. L’uso reiterato delle varianti puntuali, infatti, mette in discussione le scelte dello strumento urbanistico, affermando regole basate unicamente sulle esigenze di singole attività produttive e non sorrette da alcuna coerente logica di sviluppo armonioso del territorio. Il procedimento speciale ex art.8 d.P.R. 160/2010 non può essere utilizzato in via ordinaria ai fini della pianificazione urbanistica, ma solo in via eccezionale, per affrontare situazioni che i normali strumenti urbanistici non sono in grado di risolvere. In particolare, è inammissibile che Comuni dotati di strumenti urbanistici da anni privi di aree destinate a determinate funzioni produttive, continuino a ricorrere alle varianti puntuali per rispondere alle esigenze degli operatori economici. In definitiva, un uso reiterato della variante puntuale da parte delle Amministrazioni comunali costituirà di per sé sintomo di una applicazione non appropriata (e quindi illegittima) di tale previsione normativa.
L’area costiera, in località Belluogo, Zona E1 del P.R.G.C.
Sussistendo, dunque, l’indiscutibile principio di eccezionalità a che ci si faccia appello all’art.8 del D.P.R. n.160/2010 per autorizzare nuovi insediamenti produttivi o riconversioni di attività con modifica di destinazione d’uso delle aree edificate in zone sottoposte a tutele specifiche, credo sia del tutto improponibile e inamissibile la soluzione incentivante di Depalma; cioè che si possa fare, comunque, ricorso alla procedura della “variante urbanistica accelerata” come tradotto nelle deliberazioni sopra menzionate, ancorchè si dica che va salvaguardato il paesaggio (clausola puramente di stile).
Ma vediamo di analizzare più nello specifico il caso della marmeria Barbone che, certamente, non è cosa di poco conto, considerato che grossi manufatti, di tipo industriale, si trasformono in strutture turistiche in evidente difformità con la tipizzazione delle aree interessate. Il provvedimento dirigenziale n.12 dell’17.01.2018, appena rilasciato dall’ing. Trematore, cui provo a dare semplificazione per una buona comprensione del lettore, porta a termine un complesso e complicato procedimento amministrativo che, in virtù delle disposizioni legislative in vigore, avrebbe dovuto svolgersi sia nelle fasi istruttorie come in quelle decisionali su due livelli distinti e completamente disgiunti l’uno dall’altro, ancorchè la domanda abilitativa di titoli, tanto edilizio che dell’attività produttiva a scopo turistico, sia stata presentata unitamente allo sportello unico SUAP del Comune. Per un verso, infatti, la pratica ha impegnato l’esercizio della funzione autorizzatoria attinente alla compatibilità con il paesaggio, atteso che la nuova attività produttiva va a impattarsi in una zona non pertinente con tale destinazione e dall’altro, invece, è stata oggetto d’esame ai fini dell’approvazione del progetto di edificazione delle nuove opere edilizie e di proposta di variante allo strumento urbanistico, da trasmettere immediatamente al Consiglio Comunale.
Sta di fatto che il dirigente, ing. Trematore, ha assunto in sè entrambi i poteri decisionali, contravvenedo in modo netto alla statuizione del D.Lgs. n. 42/2004 (cosiddetto Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) che è stato ripetutamente riscritto dai D.L. nn.156 e 157 del 2006, dai D. L. nn. 62 e 63 del 2008, nonché dalla L.n.129/2008, di conversione del D.L.n.97/2008. Va chiarito, a proposito della funzione autorizzatoria di compatibilità paesaggistica di pertinenza della Regione, che il nostro Comune, su delega della Regione medesima (D.G.R. n.2343 del 22.12.2015), è stato autorizzato ad esplicarla, in sede locale, attraverso apposita Commissione per il Paesaggio, istituita con Delibera consiliare n.22 del 19.06.2015.
Detta Commissione ha il precipuo compito di supportare con la sua consultazione tecnica l’“Amministrazione competente” (cioè il Dirigente investito della funzione autorizzatoria) su ogni pratica edilizia soggetta ai vincoli di tutela del paesaggio, secondo le indicazioni del D.P.R. n.139/2010. Sul punto, dunque, della valutazione paesaggistica di un progetto edilizio, l’art. 146, c.6 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, considera che, conditio sine qua non, per l’esercizio delegato della “funzione autorizzatoria in materia di paesaggio” -da parte dei Comuni- sia non solo la disponibilità di strutture in grado di consentire un adeguato livello di competenza tecnico-scientifiche (cui per i lavori di lieve entità, il D.P.R. n.139/2010, invece, rinuncia laddove statuisce la non obbligatorietà del parere delle Commissioni per il Paesaggio), ma anche “di garantire la differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni amministrative in materia urbanistico-edilizia”(al contrario di quanto stabilisce, per i lavori di lieve entità, il D.P.R. 139/2010, laddove ammette l’unificazione del procedimento di verifica della compatibilità urbanistico-edilizia e della conformità paesaggistica).
Ne deriva che per la pratica in questione tutta la procedura -sul piano istruttorio e decisionale- è stata indebitamente assorbita dallo stesso ing. Trematore che ha provveduto tanto al rilascio del relativo provvedimento di compatibilità con il Paesaggio quanto il titolo edilizio con relativa formulazione di proposta di deroga allo strumento urbanistico. E non è tutto! Perché, riguardo la decisione di valenza del progetto sotto l’aspetto della tutela paesaggistica, formulata con l’atto n.43 dell’8 gennaio 2018, l’ing. Trematore ha omesso di consultare la Commissione paesaggistica locale che, per la natura dell’intervento in questione, doveva essere necessariamente sentita (non sarebbe questo un caso di esclusione di tale passaggio valutativo di cui all’art.149, c.1, del D. Lgs. n.42/2004). Non è dato di conoscere le motivazioni per cui la Commissione locale per il Paesaggio non è stata interessata a riguardo, giacchè il provvedimento di conformità paesaggistica n. 43/2018 non è riscontrabile, almeno finora, presso l’Albo Pretorio comunale. Tale omissione è alquanto grave perché l’atto di autorizzazione paesaggistica nella sua autonomia procedimentale è appellabile sotto il piano della legittimità potendosi configurare un vizio di eccesso di potere, anche per il fatto che, nel caso di specie, lo si è ravvisato propedeutico al rilascio del titolo legittimante l’esecuzione delle opere edilizie, emesso sempre dall’ing. Trematore, come detto innanzi, con il provvedimento in data 17 gennaio 2018, n.12.
Ma perché l’ing. Trematore ha ritenuto di poter far a meno della consultazione della Commissione locale, alla stregua di tante altre situazioni registrate nel corso del 2017? Forse che, avendo acquisito il preventivo parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica da parte della Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio sin da marzo 2017 (nota n.30990 dell’13.03.2017) ha inteso superfluo il consulto della Commissione? A parte questo, senza meno, sarà stato indotto a pensare che prevedendo un riscontro positivo dall’esito dei lavori che sono andati a conclusione con l’ultima sessione della Conferenza dei Servizi, tenutasi appena l’11 gennaio 2018, la procedura da lui seguita sarebbe apparsa ineccepiblile, almeno sul piano formale. Tra l’altro la seduta di detta Conferenza dell’11 gennaio scorso, ritengo, sia stata una pura formalità, non solo per l’inconsistente presenza di rappresentanti delle Amministrazioni interpellate, ma anche per aver reso noto il provvedimento di autorizzazione paesaggistica n.43, emesso solo due giorni prima, l’8 gennaio 2018. A quella riunione non è neppure intervenuto il rappresentante della Regione -Servizio Urbanistica- l’Organo pubblico maggiormente interessato alla vicenda. Proprio il giorno prima di quella Conferenza, il 10 gennaio 2018, l’ing. Trematore ha registrato il ricevimento della nota della -Sezione Urbanistica Regionale- che sembra non presenti rilievi di sorta a produrre la variante allo strumento urbanistico del Comune, ai sensi dell’art. 8, c.1 del D.P.R. n. 160/2010, ponendo la sola condizione che si realizzi un collegamento pedonale sfalzato che faccia da tramite l’area dell’ex marmeria al piazzale adibito a parcheggio che dovrebbe costituirsi su suoli a monte della strada per Bari (ex Statale 16).
Il dato certo da rimarcare è che si è voluto, di proposito, bypassare la Commissione Paesaggistica locale lasciando intendere che gli esiti della Conferenza dei Servizi, corredati dai pareri della Soprintendenza sulla conformità paesaggistica e della Regione riguardo alla variante al PRGC, possano essere sufficienti a motivare adeguatamente sia la Autorizzazione paesaggistica, provvedimento comunale regitrato al n.322/2018, quanto la determinazione alla modifica dello strumento urbanistico, Determina n.12/2018; entrambi gli atti prodotti dal dirigente ing.Trematore. E’ di tutta evidenza che cumulando tutte insieme queste funzioni si è voluto dare una forma di legittimazione al confuso e disarticolato procedimento, messo in piedi per giungere a questa compromessa risoluzione che adesso dovrà essere sottoposta al Consiglio Comunale perché si possa arrivare a introdurre la variante di rilievo al PRGC e, quindi, consentire che sull’area dell’ex marmeria possa insediarsi il complesso turistico. Personalmente ritengo che nella fattispecie non si poteva, in alcun modo, scavalcare, la Commissione Paesaggistica locale, pur potendo vantare già l’acquisizione del parere favorevole della Soprintendenza.
E’ bene rammentare che la funzione della Sovrintendenza in forza del D.P.R. n.139/2010 non si collega più (precedendola o susseguendola) a una attività “qualificata” della Commissione locale per il Paesaggio, ma alla stretta valutazione positiva della conformità, ovvero alla compatibilità paesaggistica dell’intervento (art.4,c.6) espressa dal Dirigente, allorquando questi informa con una sua relazione la Soprintendenza medesima perché si esprima sui profili di legittimità e di merito dell’intevento proposto. Sono due ambiti di valutazione prettamente distinti che non possono essere confusi o considerati alternativi come si è inteso nel caso di specie, dal momento che il parere vincolante della Soprintendenza si sovrappone a quello della Commissione per il Paesaggio il cui giudizio si esplicita sotto il profilo paesistico, secondo canoni ancorati all’attualità dell’intervento medesimo, alle sue particolari caratteristiche, alla rispondenza con i valori paesaggistici che qualificano il contesto territoriale cui si inserisce. Nulla rilevando, il fatto che possa trattarsi di un riuso volumetrico o di un utilizzo di superfici utili della infrastrutturazione esistente o di ricostruzione edilizia interna alla fabbrica. In proposito il parere della Commissione locale per il Paesaggio si sarebbe rivelato oltremodo importante per la presenza di membri esperti in scienze agronome e di pianificazione territoriale, considerato che l’intervento ha a inserirsi in un’area definita dallo stesso PPTR particolarmente interessante per il contesto paesaggistico, cui è parte, e che porta la denominazione di “Paesaggio rurale”.
La lavorazione di questa pratica sotto il profilo paesaggistico si può ben dire essere del tutto compromessa non solo per la mancata attivazione della Commissione locale per il Paesaggio ma, soprattutto, per essere stata esclusivamente condotta promiscuamente da una sola unità direzionale, la stessa che ha poi dispiegato il titolo urbanistico-edilizio, quindi, con una soglia di tutela del valore paesaggio limitata a una sorta di regime propedeutico all’autorizzazione edilizia.
Con riferimento poi a quest’ultimo aspetto, cioè alla determinazione approvativa del progetto di ristrutturazione dell’immobile, a conclusione degli esiti della Conferenza dei Servizi, mi è parso sconcertante che si affermi che l’infrastruttura esistente, edificata dietro licenza edilizia del 1960, abbia avuto regolare legittimazione a seguito di un permesso a costruire in sanatoria rilasciato a febbraio 2013 su richiesta presentata nel 1987. Non c’è dubbio che si è voluto certamente regolarizzare, dapprima, la situazione edilizia di quell’immobile per poi procedere all’avanzamento della pratica di riconversione produttiva dell’immobile con relativa richiesta di variante urbanistica accelerata. Ma, intanto, come è stata trattata la domanda di sanatoria edilizia di un insediamento in difformità con la destinazione di zona, tipizzata ad attività primarie –E.1- dal PRGC?
Non viene da supporre che la risoluzione di questo affare con tante forzature attuative della pur complessa statuizione in materia non vada nella direzione del perseguimento di un interesse generale ma solo a vantaggio di qualcuno?
Se è vero che una prova del lavoro d’informazione che si va conducendo, stia nel fare domande pertinenti e, al tempo stesso, che le domande provocatorie rendono invisi, posso ben dedurre che si fanno domande giuste!
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