Commento alla Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia: il punto di vista dello psicologo.
Per l’appuntamento di questa settimana con la rubrica “Genitori e Figli” sospendiamo il racconto delle vicende (di fantasia) di Michelino e della sua famiglia per rivolgere la nostra attenzione ad un avvenimento di attualità di portata internazionale.
Come molti lettori già sapranno, il 20 novembre scorso si è commemorata la “Giornata internazionale per i diritti dell'infanzia e dell'adolescenza” al fine di celebrare la “Convenzione internazionale sui diritti dell'infanzia” approvata a New York dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Onu) il 20 novembre 1989 e tutt’ora in vigore.
Rimandiamo all’appuntamento del prossimo sabato con la rubrica “Diritto di difesa” lo specifico approfondimento legale del testo della Convenzione e dei risvolti applicativi. In questa sede, prendendo spunto da alcuni articoli del documento, riflettiamo sui derivanti aspetti psicologici ed educativi, spiegando perché, dal punto di vista del bambino e dei suoi bisogni, i diritti approvati siano così rilevanti.
L’art. 3 comma 1 sancisce: “In tutte le decisioni relative ai fanciulli, di competenza delle istituzioni pubbliche o private di assistenza sociale, dei tribunali, delle autorità amministrative o degli organi legislativi, l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente.”
Fare riferimento all’ “interesse del fanciullo” significa riconoscere (ufficialmente per la prima volta) che il bambino e l’adolescente hanno bisogni psicologici, oltre che fisici, differenti da quelli degli adulti, e che è necessario conoscere, comprendere e rispettare per garantire una crescita sana ed armoniosa. La definizione di tale aspetto come “preminente” è significativa, inoltre, di uno storico capovolgimento della precedente consueta visione “adultocentrica”, in base alla quale erano i bambini ad adattarsi ai bisogni ed alle esigenze degli adulti. Non sono molto lontani i tempi in cui nessun valore era attribuito ai pensieri ed alle opinioni dei più piccoli.
Si legge nell’art. 9 comma 1: “Gli Stati parti vigilano affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo. Una decisione in questo senso può essere necessaria in taluni casi particolari, ad esempio quando i genitori maltrattino o trascurino il fanciullo, oppure se vivano separati e una decisione debba essere presa riguardo al luogo di residenza del fanciullo”: ancora un articolo in cui il bambino ed i suoi bisogni sono messi “al centro”, e ritenuti prioritari rispetto alle esigenze dell’adulto. Il riferimento alla tutela della coabitazione con i genitori (tranne casi particolari) riguarda la fisiologica condizione di dipendenza del bambino, da rispettare ed assecondare per il raggiungimento graduale di una sana autonomia. Riconoscere i bisogni psicologici del bambino significa, a questo proposito, che la dipendenza da tutelare non è quella da un adulto qualunque, bensì da un adulto per il bambino significativo, ossia un genitore o un’altra figura che ne faccia le veci. Il bambino e l’adolescente non hanno solo bisogno di essere accuditi fisicamente: legami affettivi, di cura sia fisica che emotiva, sono imprescindibili per uno sviluppo sano.
L’art. 29, comma 1, fa riferimento al diritto all’educazione: “Gli Stati parti convengono che l’educazione del fanciullo deve avere come finalità: a) favorire lo sviluppo della personalità del fanciullo nonché lo sviluppo delle sue facoltà e delle sue attitudini mentali e fisiche, in tutta la loro potenzialità […]”. L’attenzione rivolta all’infanzia e a tutta l’età evolutiva comporta la consapevolezza ed il rispetto dell’interazione, oramai accertata, tra la predisposizione genetica (il carattere, le attitudini) e l’ambiente: il rispetto del bambino, nella sua accezione più profonda ed autentica, comporta la responsabilità del mondo adulto nel compiere scelte educative che rispettino criteri generali ma allo stesso tempo tengano conto della singola e personale inclinazione.
Appuntamento a Sabato per il punto di vista legale, e, come sempre, al prossimo giovedì con la nostra rubrica “Genitori e Figli”.
dott.ssa Mariapia D’Attolico
psicologa dell’Infanzia e dell’Adolescenza
mariapia.dattolico@gmail.com