Le notizie di cronaca riguardanti maltrattamenti sui bambini nel contesto scolastico sconvolgono e allarmano ancora
Care lettrici e cari lettori, bentornati alla nostra Rubrica “Genitori e Figli”. Risale proprio a questi giorni l’ennesima notizia di bambini picchiati nella scuola dell’infanzia: tre maestre e una collaboratrice sono state arrestate nella provincia di Roma, dopo che i racconti dei bambini e filmati delle forze dell’ordine hanno denunciato i maltrattamenti.
Anche chi non è genitore resta sconcertato da tali avvenimenti: si è in pena per le povere vittime degli abusi, e ci si chiede come è possibile che ciò accada. “Come si può infierire contro un bambino?” “Come si può usargli violenza fisica?” sono gli interrogativi di molti, quasi increduli che simili crudeltà provengano proprio da educatori e insegnanti.
E’ innanzitutto opportuno ribadire che, per quanto diversi e variegati possano essere gli stili educativi di genitori o insegnanti, in nessun caso la violenza fisica è utile. Se fino a qualche decennio fa, infatti, era consuetudine sostenere che “qualche schiaffo non fa male”, che “quando ci vuole, ci vuole”, o che “così si impara la lezione”, oggi è risaputo che picchiare un bambino non gli trasmette nessun insegnamento positivo, bensì veicola la violenza fisica come linguaggio: un bambino che è stato picchiato, molto probabilmente picchierà a sua volta, per esprimere rabbia, paura o tristezza. Non solo: un bambino che viene picchiato (e intendiamo anche schiaffi sulle mani, che potrebbero sembrare innocui) prova un grande senso di umiliazione, viene leso nella sua dignità, e un grande danno ne riceverà la sua autostima.
Benvengano, dunque, tutte le azioni dei genitori e delle forze dell’ordine volte a fermare tali maltrattamenti nelle scuole, perché ciò significa proteggere i bambini e la loro salute. Sarebbe inoltre opportuno che i bambini vittime di tali condotte potessero avere l’opportunità di elaborare quanto vissuto, per superarlo e continuare a crescere al meglio, anche, qualora necessario, con il supporto di un professionista dell’infanzia.
Cerchiamo ora di dare una risposta all’interrogativo più frequente: “perché tutto ciò accade?”
Il lavoro dell’insegnante, soprattutto del nido o della scuola dell’infanzia, può essere immaginato come un lavoro bello e divertente: si pensa che l’insegnante trascorra tutto il tempo con i bambini, giocando con loro, cantando e facendo tante attività che trasmettono allegria e gioia. In realtà, invece, numerose e accreditate ricerche scientifiche hanno dimostrato che gli insegnanti sono una delle categorie più a rischio di stress e di malattie psichiatriche: il loro lavoro ha sicuramente molti aspetti piacevoli, ma presenta altrettante difficoltà. Non è facile, infatti, dover gestire contemporaneamente molti bambini, con caratteri diversi e diverse esigenze, non è facile gestire la vivacità esplosiva di alcuni di loro, non è facile contenere i capricci ostinati o dover fronteggiare le critiche dei genitori. Un insegnante che non possiede gli strumenti adeguati per affrontare le difficoltà e le frustrazioni del suo lavoro corre il rischio di “scoppiare” (andando in burn out, come si dice oggi), reagendo anche in maniera disastrosa per se stesso e per gli altri. Fermare gli insegnanti che hanno commesso maltrattamenti significa rimediare a ciò che è già successo, ma la chiave per impedire che tutto questo continui ad avvenire nel futuro sarebbe formare meglio il personale docente, dotare la scuola di équipe di lavoro che non si limitino ai soli insegnanti. Un lavoro di squadra di psicologi, pedagogisti, educatori e insegnanti, con una gran parte del lavoro dedicata all’informazione e alla formazione, aiuterebbe gli insegnanti a lavorare meglio, e consentirebbe ai bambini e alle loro famiglie di trovare nella scuola il luogo sicuro e protetto quale dovrebbe essere.
Appuntamento alla prossima settimana!
dott.ssa Mariapia D’Attolico
psicologa dell’Infanzia e dell’Adolescenza
mariapia.dattolico@gmail.com