L’ABBANDONO DEI FIGLI IN MACCHINA – IL PUNTO DI VISTA DELLO PSICOLOGO

Per la legge è reato. E per il bambino?

L’approfondimento dello scorso sabato della Rubrica “Diritto di difesa”, curata dall’avv. Michele Ragone, ha esaminato dal punto di vista legale il comportamento di abbandono di un figlio in auto: è reato anche se l’abbandono è temporaneo, vale a dire di una manciata di minuti, è reato anche se gli si lascia un telefono cellulare per chiamare o mandare un messaggio in caso di bisogno, è reato anche se si lasciano le chiavi dell’auto all’interno, è reato anche se gli si lascia un tablet per giocare e non annoiarsi nell’attesa. Anche questa questione, come tutte le questioni che riguardano genitori e figli, solleva considerazioni diverse e a volte discordanti. Alcuni genitori pensano che non lascerebbero il proprio figlio da solo nemmeno per un minuto, caschi il mondo. Altri genitori, invece, vittime, come un po’ tutti, delle difficoltà e dei ritmi frenetici imposti dalla vita di oggi, pensano che possono esserci delle circostanze nelle quali lasciare il proprio bambino in auto, magari per un quarto d’ora o poco più, mentre si corre a fare una commissione, non è poi la fine del mondo. “Devo solo passare dal commercialista per lasciare dei documenti, ci metterò un attimo” pensano, oppure “se vado da solo mi sbrigo prima, il bambino cammina lentamente”, o ancora “se lo porto con me al supermercato si annoia, si diverte di più se resta qui a fare i suoi giochi al cellulare. Se ha bisogno mi chiama, sa come si fa!”… “Reato! Addirittura!”

Adesso, però, la legge è tassativa, e ci dice che proprio “non si fa”. Ma diciamo che “non si fa” solo ed esclusivamente perché è un reato, magari pensando, in fondo, che è una legge “esageratamente rigida”, oppure esistono riflessioni ben fondate che possono indurci a condividere questo divieto? Lasciamo per un attimo da parte la legge e le considerazioni personali, e proviamo a metterci nei panni del bambino.
Un bambino percepisce lo spazio ed il tempo in modo diverso dall’adulto, impara solo crescendo ad orientarsi nei luoghi, a capire la successione temporale ed il significato di minuti ed ore. Un bambino di 4 anni, per esempio, non è capace di comprendere se mentre gioca, o mentre è a scuola, sono passati 10 minuti oppure sono passate 2 ore, sarebbe disorientato e perso se un adulto non fosse con lui e non regolamentasse le sue attività. Se un bambino di questa età viene lasciato solo, il suo disorientamento aumenta, 10 minuti possono sembrargli lunghi quanto un intero pomeriggio. Lasciare un bambino da solo in auto, allora, anche solo per una manciata di minuti, oltre a fargli correre un reale pericolo di salute, può significare fargli percepire una sensazione di solitudine e di abbandono che non è ancora in grado di affrontare e gestire. Di solito, poi, il bambino non è capace di esprimere con le parole la solitudine o la paura che ha provato, ma la sensazione di vuoto che ha vissuto rimane dentro di lui come esperienza.

Anche se pensiamo che accompagnarci in alcune commissioni possa annoiarlo, in realtà per un figlio può essere importante e utile condividere con la mamma o con il papà le esperienze più semplici, senza sentirsi un peso: andare insieme dal fruttivendolo o a fare delle fotocopie significa vivere il proprio genitore nella sua vita quotidiana, sentendosene parte. Certo, un bambino può rallentare il nostro tran tran quotidiano ma, d’altra parte, può rendere divertenti anche le piccole cose.

Vi diamo appuntamento al prossimo giovedì!

dott.ssa Mariapia D’Attolico
psicologa dell’Infanzia e dell’Adolescenza
mariapia.dattolico@gmail.com