TRADIZIONALE RICORRENZA MEMORIA DI S.BIAGIO - 3 FEBBRAIO

Sin dalla Chiesa delle origini il Vescovo Biagio è ritenuto uno dei quattordici santi ausiliatori, ossia santi invocati per la guarigione di mali gravi che affliggono l’umanità. Venerato in moltissime città e località, tanto in Oriente che in Occidente, delle quali è anche il santo patrono, viene festeggiato il 3 febbraio, giorno del suo martirio. Non si dispone di grandi informazioni della sua vita. Notizie biografiche sul Santo si ritrovano nell’agiografia di Camillo Tutini, che raccolse su di lui alcune testimonianze tramandate oralmente sia intorno alla sua attività medica presso la popolazione dell’Armenia, sia da vescovo e particolarmente del martirio infertogli durante le persecuzioni dei cristiani nel 316, durante lo scontro violento tra l’imperatore d’Occidente, Costantino, e l’imperatore d’Oriente, Licino. Catturato dai soldati dell’esercito di quest’ultimo, a motivo della sua fede cristiana, fu picchiato e scorticato vivo con pettini di ferro in uso per cardare la lana ed, infine, decapitato, per essersi rifiutato di abiurare la fede in Cristo. Il grande dipinto della seconda metà del sec. XVII, presente nella Chiesa del Carmine, attribuito dai più alla scuola dei pittori giovinazzesi De Musso, ( al contrario dell'altro pittore giovinazzese,Carlo Rosa, autore certo delle altre due tele raffiguranti S. Francesco Saverio (1660) e S. Gaetano da Thiene (1662), rappresenta appunto la tortura cui fu sottoposto San Biagio, usando quei pettini con denti in ferro passati su tutto il suo corpo prima della decapitazione.    San Biagio è stato molto commemorato presso i cristiani sia cattolici che ortodossi subito dopo la sua morte. Nella sua città natale, dove svolse il suo ministero vescovile, si narra, infatti, che abbia operato numerosi miracoli importanti. Tra i tanti è rinomato quello della guarigione -avvenuta durante il periodo della sua prigionia- di un giovanetto da una lisca di pesce conficcatasi nella trachea. Questa la ragione per cui, tuttora, si invoca la sua intercessione per la guarigione dei mali e delle infermità della gola e delle vie respiratorie.       È tradizione svolgere, nel mezzo della celebrazione liturgica, una speciale benedizione alle “gole” dei fedeli, impartita dal ministrante, che incrocia due candele (anticamente si usava olio benedetto) sotto il capo e, al tempo stesso, invoca l’intercessione del Santo. Interessanti sono anche alcune pratiche popolari tramandatesi nel tempo in occasione dei festeggiamenti del Santo ed ancora persistenti nelle stesse forme originali.    Presso la nostra comunità confraternale, che sin dalla sua istituzione (1598) ebbe a solennizzare la festa di San Biagio, il 3 febbraio è consegnata ai fedeli che intervengono alla celebrazione, specie bambini, un panetto di pane a forma di tarallo, volgarmente detto “cùchele” (Confr. D. Maldarelli, Lessico giovinazzese-italiano, Molfetta 1967). In alternativa vengono offerti comuni tarallini benedetti, definiti appunto «i taralli di San Biagio».          Come sopra accennato, scarse sono le vicende biografiche del Santo, in gran parte riprese da racconti popolari: sono raccolte in uno scritto dello storico campano Camillo Tutini (1594-1666) dal titolo “Narratione della vita e miracoli di S. Biagio Vescovo e Martire”, pubblicato a  Napoli nel 1637.       La più antica citazione scritta sul Santo è contenuta nei Medicinales di Ezio di Amida, medico bizantino vissuto nel VI secolo.           Riguardo ai mali di gola, nella traduzione latina di Giano Corsaro, del trattato di quel medico greco, si legge:      « Aliud. Ad eductionem eorum, quae in tonsillas devorata sunt. Statim te ad aegrum desidentem converte, ipsumque tibi attendere jube, ac dic: egredere os, si tamen os, aut festuca, aut quid quid tandem existit: quemadmodum Iesus Christus ex sepulchre Lazarum eduxit, o quemadmodum Jonam ex ceto. Atque adprehendo aegri gutture dic: Blasius martyr o servus.     Christi dicit, aut adscende, aut descende. »                  («Se la spina o l'osso non volesse uscire fuori, volgiti all'ammalato e digli: esci fuori osso, se pure sei osso, o checché sii: esci come Lazzaro alla voce di Cristo uscì dal sepolcro, e Giona dal ventre della balena. Ovvero fatto sull'ammalato il segno della croce, puoi proferire le parole che Biagio martire e servo di Cristo usava dire in simili casi O ascendi o discendi.»)   

 Per coloro che volessero beneficiare della benedizione del Santo Vescovo di Sebaste si riporta il

programma liturgico che avrà luogo presso la chiesa di San Giovanni Battista, giovedì 3 febbraio

prossimo, a cura del nostro Rettore e Padre Spirituale, don Andrea Azzollini:    

Ore 8:30 S. Rosario meditato

Ore 9:00 Celebrazione eucaristica   

Ore 16:00 Esposizione del SS. Sacramento per l’Adorazione personale e silenziosa che si concluderà

con il  Canto del Vespro e la Benedizione eucaristica.

Ore 18:00 S. Rosario meditato

Ore 18:30 Solenne Celebrazione eucaristica